QUICUMQUE VULT SALVUS ESSE, ANTE OMNIA OPUS EST, UT TENEAT CATHOLICAM FIDEM

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lunedì 30 agosto 2010

Immagini della Messa Solenne celebrata da Padre Berg

Ecco le immagini della Messa Solenne di ieri, 29 Agosto 2010, celebrata dal Rev. Padre Berg, Superiore Generale della FSSP. La Santa Messa ha visto un grande afflusso di fedeli a San Simeon Piccolo a cui ci sentiamo di rivolgere i nostri ringraziamenti.
La presenza del Superiore Generale della Fraternità del nostro cappellano, Padre Konrad zu Loewenstein, diventa anche occasione di rinnovare la nostra gratitudine alla Fraternità stessa per il fatto di assicurare il prezioso servizio di quest'ultimo nel Patriarcato di Venezia.





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venerdì 27 agosto 2010

La Santa Messa spiegata ai fanciulli. III parte

3. I sacrifici umani


Quando gli uomini incominciarono a moltiplicarsi sulla terra, un solo popolo rimase fedele al Signore. Tutti gli altri dimenticarono la legge di Dio e caddero in mille errori.

Invece di adorare il vero Dio creatore del cielo e della terra, incominciarono ad adorare tante false divinità. Alcuni adoravano un bue, come se quel bue fosse stato un dio; altri adoravano un coccodrillo, altri adoravano il sole, e altri certe brutte statue di pietra o di metallo, che mettevano paura a guardarle!

E davanti a queste false divinità offrivano i loro sacrifici. Ma essi non si contentavano di offrire in sacrificio a queste false divinità gli animali, le frutta, l'incenso, il pane ed il vino; ma offrivano anche creature umane! E ne uccidevano e ne bruciavano a centinaia e a migliaia!

Disgraziatamente questo barbaro costume non è ancora cessato sulla terra; ed anche ai tempi nostri nell'India, nell'Africa, nell'Oceania, in quelle regioni dove non è ancora conosciuta la vera religione, migliaia di vittime umane sono continuamente immolate in onore di tante false divinità!





Figura 3: Dove non è conosciuta la vera religione sono immolate vittime umane!


Questo è certamente un orribile delitto e un gravissimo peccato, perché Iddio non vuole sacrifici umani. Ma un sì barbaro costume ci fa comprendere come sia profondamente radicato nel cuore umano il sentimento del supremo dominio di Dio sopra tutte le sue creature, e il dovere che hanno gli uomini di riconoscere questo supremo dominio, offrendo a lui sacrifici.

Il popolo del Signore, nei tempi antichi, offriva a Dio i sacrifici di animali, di frutta, d'incenso, di pane e vino, non solo per riconoscere Iddio come padrone assoluto di tutte le creature, ma anche per chiedere grazie, per implorare perdono dei peccati, e per ringraziare Iddio dei favori ricevuti. E, con questi stessi sentimenti, anche i popoli barbari offrono alle loro false divinità i sacrifici. Ma l'offrono commettendo due gravissimi peccati; primo

perché offrono sacrifici a divinità false, e poi perché offrono sacrifici umani.


mercoledì 25 agosto 2010

Istruzione sulle diverse usanze della chiesa

Tratto dal "Manuale di Filotea" di Giuseppe Riva.

Siccome, al dir di S.Paolo, per mezzo delle cose visibili si ascende a quell che non si veggono, ed è dovere di ogni fedele d'impiegare per il culto di Dio, non solo il proprio spirito, ma ancora il proprio corpo, imponendosi a tutti il primo precetto del Decalogo, d adorar Dio con tutte quante monie particolari, per mezzo delle quali le funzioni riescono più maestose, e mentre allettano ed eccitano la divozione dei fedeli, li erudiscono ancora così nelle cose che si hanno da credere, come di quelle che si hanno da praticare.

E' vero, se tutto si comincia e tutto si accompgna col SEGNO DELLA SANTA CROCE, è:

  1. per ricordarci i due principali misteri indispensabili a credersi, cioè l'unità e trinità di Dio, la Incarnazione, la Vita, la Passione e la Morte di N.S. Gesù Cristo;
  2. Per insegnarci che, come dall'albero della scienza proibito ad Adamo nel Paradiso è venuto ogni male, così dal'Albero della Croce su cui morì Gesù Cristo ci è venuto ogni bene;
  3. per discacciare il demonio che in tutto si infiltra, da per tutto ne insidia, e incessantemente ne insegue per divorarci.

Se si usa frequentemente dell'ACQUA SANTA è:

  1. per invitarci a sempre più purificare il nostro spirito coll'acqua mistica della compunzione e della penitenza;
  2. per renderci colla nostra purezza e sempre meritevoli di essere esauditi nelle nostre preghiere, e sempre più sicuri di vincere nelle nostre spirituali battaglie.

Se qualche volta adopera L'INCENSO: è:
  1. per rendere omaggio a Dio col distruggere una creatura in suo onore;
  2. per imitare sulla terra ciò che fanno molti angeli in cielo, ove s.Giovanni vide offrire a Dio molti incensi bruciati in turiboli d'oro;
  3. per togliere dai luoghi sacri il cattivo odore che vi si potrebbe introdurre con pregiudizio della riverenza che ad essi è dovuta;
  4. per insegnarci a consumare anche noi o effettivamente, o almeno con la sincera disposizione d'animo, le nostre sostanze e la stessa vita in onore di Dio, e a spargere da per tutto il buon odore di Cristo colla edificazione delle nostre buone opere.

Se INCENSA i cristiani tanto vivi quanto morti, lo fa per tre ragioni:

  1. per onorare quei corpi che col battesimo diventarono membri di Cristo e templi dello Spirito Santo;
  2. per dimostrare che tato pei vivi quanto pei morti, la Chiesa fa delle orazioni che, come incenso, salgono al cielo e quindi avvisare i fedeli che, siccome l'incenso, che si alza al cielo è l'immagine dell preghiera che ascende al trono di Dio, così la incensazione dei vivi è un invito che a loro si porge, perché facciano ascendere a Dio le proprie particolari preghiere;
  3. per dimostrare come i fedeli morti hanno già fatto olocausto di se stessi al Signore, così i fedeli hanno il dovere di fare della propria vita un olocausto a Dio, consumandola tutta al suo servizio.




Se usa dei LUMI nella celebrazione dei misteri, non è solo per conservar la memoria di ciò che la Chiesa faceva nei primi secoli, che dovendo celebrare nelle grotte e nelle caverne a motivo delle persecuzioni, abbisognava di lumi, ma ancora per mostrare l'ardore di cui deve essere acceso il cuore nel porgere ossequio al nostro Dio: non che per attestare la nostra credenza in questa gran verità che Gesù Cristo la vera luce del mondo, e il sole di giustizia che fa passare dalle tenebre alla luce chiunque in Lui crede.

Se si tengono accese delle LAMPADE davanti a particolari immagini, ma in particolare davanti al SS. Sacramento, è:

  1. per onorare la divina maestà che aveva comandato agli Ebrei d tener sempre in suo onore acceso il fuoco del tabernacolo;
  2. per significare che Dio è quella luce che sempre splende sopra di noi con la sua provvidenza;
  3. perchè i fedeli entrando nelle chiese riconoscano al primo sguardo ove si trovi l'oggetto principale del nostro culto, quindi in esso ravvivino la loro fede, e imparino a consumare a gloria di Dio la propria vita, come alla sua presenza si consuma l'olio e la cera.

I LUMI che si tengono davanti alle Reliquie dei santi, mentre servono ad onorare i santi, valgono ancora a significarci:

  1. che essi sono vissuti di fede e di carità, l'una adombrata nella luce, l'altra nel calore;
  2. che essi vivono davanti a Dio nella gloria, come la fiamma che arde davanti alle loro Reliquie;
  3. che quelle medesime Reliquie aride e morte riviveranno un giorno, e brilleranno come stelle per tutta quanta l'eternità.


Se si usa il CANTO, così nella sacra officiatura, come nelle sacre funzioni a cui partecipa il popolo, egli è per tre motivi:
  1. perchè Lo Spirito Santo medesimo esorta tutte le creature a cantar le lodi di Dio anche con musicali strumenti, come faceva il re Davide;
  2. perchè la Chiesa militante imita fin d'ora la chiesa trionfante che s.Giovanni sentì risuonare delle più incantevoli armonie;
  3. per eccitare colla soavità della melodia lo spirito e il cuore dei fedeli ai sentimenti più teneri di divozione.

Se nelle sacre funzioni usa la LINGUA LATINA lo fa per cinque ragioni:

  1. per conservare quella lingua che è propria di Roma e di tutto il mondo da lei dominato, quando s.Pietro la convertì al Cristianesimo, e vi stabilì la propria sede come in centro da cui, per le agevolate comunicazioni, più facilmente far sentire da e per tutto la divina influenza ella sua missione di vero Vicario di Cristo, che doveva perpetrarsi in tutti i suoi successori, come avvenne difatti e seguiterà ad avvenire fino alla fine del mondo: ed è per quest'unico scopo che la Provvidenza aveva già fatto di Roma la regina e maestra dell'Universo;
  2. per meglio conservare e far sentire a tutti i fedeli nell'unità della lingua l'unità della fede che dappertutto è la stessa: ond'è che in qualunque paese si trovi il cristiano cattolico, si trova sempre come in sua casa, e conosce subito quali sono i suoi veri fratelli;
  3. perchè essendo la lingua latina una lingua fissa, inalterabile; non più soggetta a variazione è la più propria a rapperesentare la inalterabilità della fede che è sempre la stessa in tutti i tempi;
  4. perchè questa lingua propriissima a ricordare la genuina parola di Dio scritta, dacchè s. Girolamo, a ciò incaricato dal Papa san Damaso fu tradotta tutta in latino, e la sua traduzione, detta 'vulgata', fu dichiarata dal Concilio Tridentino la sola autentica fra tutte le traduzioni latine;
  5. perchè la lingua latina è quella in cui fu a noi tramandato il vero senso d'ogni parola della Divina scrittura nelle diverse opere dei Santi padri, perocchè essi, o hanno scritto in latino originariamente, o furono poi fedelmente in latino tradotti.

lunedì 23 agosto 2010

Visita di P. John Berg a S.Simeon


Domenica 29 Agosto 2010, la Cappellania di S. Simeon Piccolo riceverà la visita di Padre John Berg, superiore della Fraternitas Sacerdotalis Sancti Petri il quale celebrerà la Santa Messa al consueto orario delle Ore 11.00.
Dopo la celebrazione Padre Berg sarà disponibile per coloro che vorranno parlarGli.

sabato 21 agosto 2010

La Santa Messa spiegata ai fanciulli. II parte

2. Il sacrificio di Abramo


Un giorno il Signore disse ad Abramo: Prendi il tuo figlio Isacco, che tu ami tanto, e salì sopra un monte che io t'insegnerò, Sopra quel monte mi offrirai in sacrificio il tuo figlio Isacco, uccidendolo e bruciandolo in mio onore. Abramo, che amava teneramente il suo figlio Isacco, si sentì stringere il cuore al pensiero di dover uccidere il figlio suo. Ma era tanta l'abitudine che avevano gli uomini, a quel tempo, di offrire sacrifici al Signore, che Abramo non dubitò neppure un momento di dover ubbidire al comando di Dio. Egli pensò: il Signore è padrone di tutte le sue creature, dunque è padrone anche del figlio mio; se egli vuole che io gliel'offra in sacrificio, debbo certamente ubbidire.

E non ci pensò più oltre; mise il basto al suo asino, prese con sè due servi e il suo figlio Isacco, e partì alla volta del monte, che gli era stato indicato da Dio.

Arrivato sulla cima del monte, Abramo fece un altare con un mucchio di pietre, vi mise sopra alcuni pezzi di legna, e, sulla legna legò il suo figlio Isacco.... E alzò il coltello per ucciderlo (fig. 2).




Figura 2: Abramo alzò il coltello per immolare il figlio suo al Signore.


Ma, in quel momento venne un angelo dal cielo, e gridò: Abramo, Abramo! Non uccidere il tuo figlio Isacco!

E Abramo non uccise più il figlio suo; ma, avendo visto lì vicino un ariete, lo prese e l'offrì in sacrificio al Signore.

Il Signore dunque volle far comprendere il grande dovere che avevano gli uomini di offrire a lui sacrifici; ma nello stesso tempo volle far comprendere che egli non voleva sacrifici di creature umane. Voleva che gli si offrissero soltanto gli animali, le frutta, l'incenso, ed anche il pane ed il vino, come spiegheremo nei capitoli seguenti.


Intanto, per comprendere bene quanto diremo nei capitoli seguenti, bisogna tener presente l'idea precisa del sacrificio, che si può riassumere in queste poche parole: il sacrificio

consiste nel fare a Dio, per mezzo di un ministro legittimo, l'offerta di una cosa sensibile,

distruggendola o mutandola, allo scopo di riconoscere il supremo dominio di Dio sopra tutte le creature.

martedì 17 agosto 2010

La Santa Messa spiegata ai fanciulli. parte I

Comincia con questo articolo la trascrizione di un libretto dal titolo :LA SANTA MESSA, spiegazione storica, dogmatica e liturgica.
Pubblicato nella collana: " Per la cultutura religiosa dei bambini" nel 1930

INTRODUZIONE:

Mio caro bambino,Già da qualche anno tu vai a Messa tutte le domeniche e forse anche, qualche volta,nei giorni feriali.Ma dimmi, mio caro, sai tu che cosa è la Santa Messa? Sai che cosa fa il Sacerdoteall'altare, con tutte le sue preghiere, genuflessioni, inchini, ecc? Sai a che cosa servono l'ostiaed il vino che il Sacerdote adopera sull'altare?E se io ti domandassi come si chiama ciascuno degli oggetti che il Sacerdote adoperaper celebrare la Messa, mi sapresti rispondere? E delle diverse vesti che il Sacerdote indossaper celebrare la Messa, sapresti dirmi il nome ed il significato? E sapresti dirmi perchéle vesti, che il Sacerdote indossa per celebrare la Messa, sono talvolta di un colore etalvolta di un altro?Quante cose non sai ancora, mio caro! Eppure è un dovere per ogni fanciullo cristianoconoscere bene tutte queste cose, perché, assistendo alla Santa Messa, non debba starlì come una seggiola o come una panca, senza capir nulla di quel che fa il sacerdote.In questo volume, dunque, ti spiegherò non soltanto che cosa è la Santa Messa, ma anche il significato di tutte le cerimonie e di tutto ciò che adopera il Sacerdote per celebrare la Messa.Dopo tali spiegazioni io son sicuro che tu assisterai alla Santa Messa con viva soddisfazione, con profonda devozione, e con grandissimo profitto per l'anima tua. Questa grazia io chiedo al Signore, di gran cuore, per te.

Un amico dei bambini



1. I sacrifici antichi


Per comprendere bene che cosa sia il Sacrificio della Santa Messa, è necessario prima ricordare in qual modo gli uomini hanno onorato Iddio, per mezzo dei Sacrifici, fin dai primissimi tempi, fin dal tempo di Adamo.

Leggiamo nella Santa Scrittura che i figli di Adamo, Caino ed Abele, offrivano al Signore i loro sacrifici. E che cosa offrivano? Abele offriva i migliori agnelli del suo gregge e Caino offriva i frutti della terra. I sacrifici di Abele erano molto graditi al Signore, perché Abele era buono e faceva di cuore le sue offerte; invece i sacrifici di Caino non erano graditi al Signore, perché Caino era cattivo ed invidioso, e faceva le sue offerte di mala voglia e quasi per forza.

Ma in che modo offrivano essi i loro sacrifici? Facevano un bel mucchio di pietre, sopra quelle pietre mettevano un fascetto di legna, e sulla legna ponevano la loro offerta; poi davano fuoco alla legna e lasciavano bruciare quello che vi era sopra: gli agnelli (che, prima di esser bruciati, venivano uccisi) o le frutta (fig. 1).


Figura 1: Caino ed Abele mettevano le loro offerte sopra un mucchio di pietre e le bruciavano in onore di Dio.


E perché facevano così? Chi aveva loro insegnato ad offrire in questo modo i sacrifici al Signore? Adamo aveva insegnato ai suoi figli; ma Adamo era stato istruito da Dio stesso, il quale voleva in tal modo essere onorato dagli uomini sulla terra.

E la ragione, per cui Iddio veniva onorato coi sacrifici, era questa: siccome Iddio è il creatore ed il padrone di tutte le cose, perciò si doveva a Lui offrire una parte delle cose da lui create, appunto per riconoscerlo padrone di tutto.

Caino ed Abele insegnarono la stessa cosa ai loro figli, e questi ancora la insegnarono ai loro figli; e così, di generazione in generazione, tutti gli uomini impararono ad offrire a Dio i sacrifici, per onorarlo e per riconoscerlo come padrone assoluto di tutte le cose.

Nei primi tempi qualunque uomo poteva offrire a Dio sacrifici; ma poi Iddio stesso stabilì che ci fossero degli uomini prescelti a questo ufficio; e tali uomini si chiamarono Sacerdoti. Essi soli potevano offrire sacrifici al Signore.Sacerdote significa uomo sacro, e si chiamava così appunto perché era incaricato difare una cosa sacra. Infatti la parola sacrificio significa: faccio una cosa sacra (sacrumfacio).

domenica 15 agosto 2010

Appunti storici: IL RITO PATRIARCHINO. I parte.




comincia con questo post una relazione sul rito patriarchino, antico rito della chiesa Aquileiese, passato poi a Venezia e sopravvissuto nella Basilica Marciana fino al 1807.

Il rito aquileiese, o patriarchino, è il rito in uso nelle chiese dell'area altoadriatica, suffraganee del patriarcato di Aquileia. possiamo dividere la millenaria storia di questo rito in tre periodi:
  • il primo che definiremo: "Antico Aquileiese", dalle origini fino al tempo del Patriarca S.Paolino di Aquileia (750-802)è il più interessante ma anche purtroppo il meno conosciuto. In questo periodo nasce e si sviluppa il rito aqileiese, in cui elementi occidentali si fondono con forti influssi orientali, soprattutto alessandrini e dall'Asia minore. Dalle testimonianze di san Cromazio infatti si rilevano tre precisi influssi orientali nella liturgia aquileiese: il rito pre-battesimale della Lavanda dei piedi (mentre a Milano, secondo il rito ambrosiano, era post-battesimale) poi divenuto il rito del Giovedì santo;la Pasqua era identificata con il medesimo ideale di Passione e di dolore riportato dall'Omelia Pasquale di san Melitone di Sardi; seguendo l'antica tradizione greca di Smirne, conosciuta tramite sant'Ireneo di Lione, Cromazio modifica il simbolismo animale dei Vangeli, identificando san Giovanni con il leone invece di san Marco Evangelista, e quest'ultimo con l'aquila. San Girolamo in seguito ristabilirà il leone per Marco.Questo particolare rito era dunque già da lungo tempo in uso nell'arcidiocesi di Aquileia e nelle sue numerose suffraganee quando, nel 568, questa chiesa si rese autocefala elevandosi a Patriarcato.
    Lo scisma interno che caratterizzò il VII secolo, con le due sedi contrapposte di Aquileia e Grado, e la definitiva scissione del nuovo Patriarcato di Grado (nel 717), trasmisero semplicemente l'uso del patriarchino alle due chiese sorelle. Non solo, ma lo diffusero anche alle diocesi della Dalmazia, sottomesse a Grado.A quest'epoca risale il documento liturgico più antico e interessante che ci testimonia direttamente il rito patriarchino. a questo periodo dobbiamo tra l'altro l'adozione del Canone di matrice alessandrina che in seguito verrà esportato a Roma diventando il Canone Romano che conosciamo al giorno d'oggi, e una notevole produzione di canto sacro diverso dal gregoriano e con forti richiami orientali, che costituirà la base su cui verrà successivamente composto il canto ambrosiano.



  • Il secondo periodo, che definiremo invece: "Nuovo aquileiese" arriva fino all'immediato periodo postconciliare tridentino. Sotto il patriarcato di s. Paolino, che abbiamo citato prima, viene attuata la riforma voluta da Carlo Magno, tesa ad uniformare le liturgie latine sul modello romano. in questo periodo il venerabile rito patriarchino continua a sussistere, ma vengono inseriti sempre maggiori elementi romani. viene altresì cancellato l'antico monachesimo aquileiese, che si rifaceva ai modelli di S.Martino di Tours, soppiantato dalla regola benedettina. tra i più importanti elementi che ancora caratterizzano questa fase del rito sono: 1 - l'utilizzo di colori liturgici diversi dal rito romano quali: il bianco per gli evangelisti e le vergini Martiri (rosso nella liturgia Romana), il verde per le sante non vrgini (bianco nella liturgia romana), il giallo per i dottori e gli abati (bianco per la Liturgia Romana). 2 - un gran numero di sequenze, ben settantadue nell'ultima versione del missale aquileiese stampata nel 1517. 3 - il perdurare del canto detto patriarchino di cui si è accennato sopra.

  • l'ultimo periodo, che si può chiamare "Veneziano" dura dal 1597 al 19 ottobre del 1807. Dopo il Concilio di Trento, nonostante sarebbe potuto essere mantenuto (avendo all'epoca ben più di duecento anni), il rito patriachino fu rapidamente abbandonato a favore di quello romano: nella diocesi di Trieste nel 1586, nel Patriarcato di Aquileia nel 1596. La diocesi di Como rivendicò con insistenza il diritto di continuare ad usare il rito patriarchino, ma nel 1597 Clemente VIII impose di abbandonarlo. Solo nella basilica di San Marco di Venezia, costituendo essa una diocesi nullius retta da un proprio primicerio, alle dipendenze del Doge, si continuarono ad usare fino al 19 ottobre 1807 (quando venne incorporata nel Patriarcato di Venezia, divenendone chiesa cattedrale). in questo ultimo lasso di tempo, ciò che rimase degli antichi riti aquileiesi non fu altro che il Rito Romano con alcune particolarità dereivanti dai secoli passati. Nelle aree del triveneto comunque, pur usando il Rito Romano, continuarono a sussistere alcune usanze ereditate del patriarchino, soprattutto per quanto riguarda la musica. Infatti si ebbe una vastissima diffusione di melodie di tradizione orale che ripendevano gli antichi schemi del canto liturgico aquileiese. purtroppo, la quasi totaità di questi repertori tradizionali, essendo affidati solamente alla memoria dei cantori, non sopravvisse alle riforme di S.Pio X volte a valorizzare il gregoriano, e soprattutto al terremoto culturale seguito al Concilio Vaticano II. Nel campo delle cerimonie, gli ultimi frammenti degli antichi costumi sopravvissuti fino ad oggi è il rito della benedizione dell'acqua e della frutta la vigilia dell'Epifania e la messa detta "dello spadone" che si celebra a Cividale del Friuli.

sabato 14 agosto 2010

Le lezioni di Dottrina: "La Santa Eucarestia" ultima parte

IL FRUTTO DELLA SANTA MESSA




La morte del Signore in Croce guadagna la grazia sovannaturale e la Santa Messa la applica. La applica per tre fini:


  1. il bene della Chiesa intera: la chiesa purgante,la Chiesa militante e la Chiesa trionfante;

  2. il bene di coloro per cui la Santa messa viene specificamente celebrata:

  3. il bene del celebrante e dei fedeli assistenti.

Il bene ricevuto dipende dalle disposizioni di coloro che lo pregano e lo ricevono.


Quanto a queste grazie in genere, Santa Teresa d'Avila dice:'Senz la Santa messa che cosa sarebbe di noi? Tutto perirebbe quaggiù, perchè soltanto Essa può fermare il braccio di Dio'. S.Alfonso Maria de'Liguori dice: 'Senza la Messa, la terra sarebbe da molto tempo annientata a causa dei peccati degli uomini'.


E San Pio da Petralcina dice: 'Sarebbe più facile che la terra si reggesse senza sole, anzichè senza la Santa Messa'.


Quanto al bene recato per le anime defunte, San Girolamo dice: 'per ogni Messa devotamente ascoltata, molte anime escono dal purgatorio per volarsene al cielo'.


quanto alle grazie applicate agli assistenti, San Bernardo dice: 'Si merita più ascoltando devotamente una Santa Messa che non il distribuire ai poveri tutte le proprie sostanze e col girare peregrinando su tutta la terra'.


Sant'Agostino dice: 'Tutti i passi che uno fa per recarsi ad ascoltare la santa essa sono da un angelo numerati e sarà concesso da Dio un sommo premio per questa vita e nell'eternità'.


'Assicurati, disse il Signore a Santa Gertrude, che a chi ascolta devotamente la Santa Messa, Io manderò negli ultimi istanti della sua vita tanti dei miei Santi per confortarlo e proteggerlo, quante saranno le Messe da lui be ascoltare'.


CONSEGUENZE PRATICHE


1) Assiduità


la prima conseguenza è che dobbiamo assistere alla Santa Messa quanto più spesso che è possibile.San Leonardo da Porto Maurizio esortava: 'O popoli ingannati che fate voi? Perchè non correte alle Chiese per ascoltare quante più Messe potete? Perchè non imitate gli Angeli che, quando si celebra la Santa Messa, scendono a schiere dal Paradiso e stanno attorno ai nostri Altari in adorazione per intercedere per noi?'


2) Disposizione adatta


La seconda conseguenza pratica è assistere con la disposizione più adatta. E più grande è l'amore di coloro che vi partecipano, più grande è la grazia e il merito. Questo amore si deve indirizzare verso il Signore Sacrificato sulla Croce che è proprio il cuore della Santa Messa. Nel suo libro 'Gesù Eucaristico Amore' Padre Manelli scrive che la vera partecipazione attiva alla Santa Messa è quella che ci rende vittime immacolate come Gesù, che ottiene lo scopo, nelle parole del Papa Pio XII, di 'riprodurre in noi i lineamenti dolorosi di Gesù'.


la pratica spirituale classica all'offertorio è di offrire se stessi a Dio Padre con l'offerta del pane e del vino, alla Consacrazione di immolare se stessi a lui con l'oblazione del Corpo e Sangue del Signore.


Nelle parole dello stesso Padre Manelli: 'Del resto come rimanere indifferenti di fronte alla Crocifissione e morte di Gesù? non saremo mica come gli Apostoli addormentati nel Getsemani e tantomeno come i soldati che , ai piedi della Croce, pensavano al gioco dei dadi, incuranti degli spasmi di Gesù morente?'


San Giovanni Bosco si lamentava di 'tanti Cristiani che stanno in chiesa volontariamente distratti, senza modestia, senza attenzione, senza rispetto, in piedi, guardando qua e là. Costoro non assistono al Divino Sacrificio come Maria e Giovanni, ma come i giudei, mettendo un altra volta Gesù in Croce'.


Guardiamo la Madonna, San Giovanni Evangelista, Santa Maria Maddalena, e le pie donne ai piedi della Croce. Loro sono il nostro modello di partecipazione al Santo sacrificio della Messa: per la gloria di Dio e la salvezza dell'anima nostra.


Amen.



Finis.



lunedì 9 agosto 2010

Le lezioni di dottrina: "La Santa Eucarestia". Parte III

LA SANTA MESSA

Avendo meditato sul Santissimo Sacramento di per Se Stesso nella Presenza Reale e nella Santa Comunione, vogliamo meditare ora su di esso in quanto offerto, o, in altre parole, nella Santa Messa.

Chi si rende conto che nella Santa Messa nostro Signore Gesù Cristo è Realmente Presente e viene consumato dal Suo popolo, riterrebbe forse che l'essenza della Santa Messa sia proprio questo ossia la venuta del Signore sull'altare e la Santa Comunione. Ma questo non è vero. Cos'è dunque la Santa Messa?


A) LA SANTA MESSA E' UN SACRIFICIO



1) LA SANTA MESSA E' UN SACRIFICIO VERO E PROPRIO


Il Concilio di Trento insegna che la Santa Messa è un sacrifico vero e proprio. Questo è un dogma di Fede, de Fide, che viene definito dal Concilio di Trento con le parole seguenti: "Se qualcuno dicesse che nella Messa non venga offerto a Dio un sacrificio vero e proprio, Sia Anatema. Si quis dixerit, in Missa non offeri Deo verum et proprium sacrificium...Anathema Sit." (Trento S.XXII Canone 1). Questo dogma si basa su diversi passi della Sacra Scrittura, di cui citeremo solo due: il primo dall'Antico Testamento, il secondo dal Nuovo.


Il primo passo si trova nel libro di Malachia 1, 10: "Non mi compiaccio di voi, dice il Signore degli eserciti, non accetto l'offerta delle vostre mani! Poiché dall'oriente e dall'occidente grande è il mio nome fra le gente e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e un'oblazione pura...". Qui Dio parla dell'abolizione del culto sacrificale degli ebrei e lo sostituisce con un nuovo culto. Questo è la Santa Messa, perché la Santa Messa è in ogni luogo, ed è un'oblazione pura perché l'offerta e il sacerdote di questo culto sono nostro Signore Gesù Cristo.


Il secondo passo si trova nel Vangelo di San Luca nel rapporto dell'ultima Cena. Questo passo, o piuttosto un paio di passi, esprime la natura sacrificale del dono di Se Stesso di Gesù Cristo. La esprimono nelle parole "Corpo che viene dato per voi" e "Sangue che sarà versato per voi" (Luca 22, 19-20).


2) IL SACRIFICIO DELLA MESSA E' IDENTICO AL SACRIFICIO DELLA CROCE



La Santa Messa è un sacrificio dunque; ma cos'è questo sacrificio? Il Concilio di Trento insegna che il Sacrificio della Messa è identico al Sacrificio della Croce. Questo è un ulteriore dogma della Fede che viene definito nel concilio con le parole seguenti: "Infatti è una sola e medesima vittima, e Colui che ora offre il sacrificio per il ministero dei sacerdoti è Quello Stesso che si offrì allora sulla croce, essendo differente soltanto la maniera di offrire. Una enim eademque est hostia, idem nunc offerens sacerdotum ministerio, qui se ipsum tunc in cruce obtulit, sola offerendi ratione diversa." (Trento S.XXII Cap.2).



Procediamo adesso ad esporre brevemente questo dogma. La Vittima sulla Croce era Gesù Cristo, e la Vittima offerta nella Santa Messa è anche Gesù Cristo, ossia sotto l'apparenza del pane e del vino. Il sacerdote che la offrì sulla Croce era Gesù Cristo e il Sacerdote che la offre nella Santa Messa è altrettanto Gesù Cristo, ossia tramite il Celebrante. Nella Santa Messa c'è dunque la stessa Vittima del Calvario e lo stesso Sacerdote del Calvario. La stessa Vittima, lo stesso Sacerdote: lo stesso Sacrificio. Dunque il Sacrificio della Messa è identico al Sacrifico del Calvario. Solo la maniera di offrire è diversa: sulla Croce il Sacrificio era cruento; nella Santa Messa è incruento.



3) IL SACRIFICIO DELLA MESSA CONSISTE SOLO NELLA CONSACRAZIONE



Se questo non è dogma, è l'opinione comune dei teologi, compreso San Tommaso d'Aquino. Ma come dobbiamo intenderla? La morte del Signore è avvenuta per mezzo della separazione del suo Sacratissimo Corpo e del suo Preziosissimo sangue. Questa morte, questa separazione, è resa presente nella Santa Messa durante la Consacrazione separata del pane e del vino. Nella Santa Messa il Corpo e il Sangue del Signore vengono separati, così la sua Morte, il Suo Sacrificio, il Sacrificio del Calvario viene reso presente.

San Gregorio Nazianzeno (epistola 161) dice che il Sacerdote separa con taglio incruento il Corpo e il Sangue de Signore, usando la voce come una spada.

Paragoniamo questa dottrina, brevemente con la dottrina di Martin Lutero.
  1. egli mantiene che c'è la Presenza Reale;
  2. ma la intende in modo sbagliato, secondo la sua tesi della consustanziazione, come abbiamo visto prima;
  3. mantiene che la Presenza Reale sussista solo durante la Santa Messa;
  4. quanto all'essenza della Santa Messa, nega che la Messa sia un sacrificio. Dice che non c'è che un Sacrificio: il Sacrificio della Croce; per questo nega che la Santa Messa sia un Sacrificio, perché sarebbe un Sacrificio oltre a quello della Croce. La Chiesa Cattolica insegna anche che non c'è che un Sacrificio, quello della Croce;ma insegna che questo Sacrificio, come abbiamo visto, è identico a quello della Santa Messa. Dunque, la Santa Messa non è un Sacrificio oltre a quello della Croce.
  5. Martin Lutero sostituisce la Santa Messa con un servizio liturgico che chiama 'La Cena'.

Finis partis III.

giovedì 5 agosto 2010

Le lezioni di dottrina: "La Santa Eucarestia". Parte II

LA SANTA COMUNIONE



Avendo brevemente considerato il Santissimo Sacramento nella presenza reale, consideriamoLo adesso nella Santa Comunione.

La Santa comunione è ancora un miracolo: la fusione del Corpo, Sangue, dell'Anima e Divinità di Gesù Cristo con noi. Il motivo di questa unione è l'amore di Gesù Cristo verso noi, perché l'amore cerca l'unione. Il Signore è già con noi nel Tabernacolo di ogni chiesa del mondo, ma l'unione nella Santa Eucarestia è un unione ancora più intima. 'L'Eucarestia' , esclama san Pier Giuliano Eymard, 'è la suprema manifestazione dell'Amore di Gesù, dopo di essa non c'è più che il cielo'.


San Cirillo di Alessandria, padre della Chiesa, si serve di tre immagini per illustrare la fusione di amore con Gesù nella Santa Comunione: 'Chi si comunica è santificato, divinizzato nel suo corpo e nella sua anima nel modo con cui l'acqua messa sul fuoco diventa bollente; la comunione opera come il lievito che, immerso ella farina, fermenta tutta la massa; nello stesso modo che fondendo insieme due ceri, la cera risulterà l'una nell'altra, così io credo che chi si ciba della carne e del sangue di Gesù è con Lui fuso per tale partecipazione e si trova ad essere egli in Cristo e Cristo in lui'.


CONSEGUENZE PRATICHE.


I) La Comunione in istato di grazia.


Solo i fedeli in istato di grazia si comunicano. In istato di peccato mortale (come la mancanza alla Santa Messa Domenicale o l'impurezza - con altrui o da solo-) sarebbe un secondo peccato mortale, ossia un sacrilegio. Sarebbe come ricevere Iddio in una caverna oscura e fetida, che è l'anima nello stato di morte spirituale. San Paolo dice chiaramente nella prima epistola ai Corinzi 11,27-30: "perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. ciascuno, pertanto esamini e stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del, Signore, mangia e beve la propri condanna. E' per questo che tra voi ci sono molti malati e infermi, e un buon numero sono morti". Chi è in istato di peccato mortale deve recarsi al Sacramento della Confessione. Così è sicuro di essere perdonato. Il semplice atto di dolore non dà questa sicurezza.


II) La Comunione sulla lingua.


Già nel sesto secolo con più profonda conoscenza della Presenza Reale, la Chiesa aveva stabilito che la Santa Comunione dovesse essere ricevuta sulla lingua. Nel nono secolo era prescritto per la chiesa universale. Il Papa Paolo VI ha ribadito questa pratica (in Memoriale Domini del 1967) e il Papa Giovanni Paolo II ha scritto ( nella sua lettera Dominicae Caene del 1980) che toccare il Santissimo Sacramento è "un privilegio degli ordinati". Più tardi, però, in seguito a disubbidienza di un parte del clero di Olanda e altrove nell'Europa centrale, concedette la pratica della comunione sulla mano per il nuovo rito, pur con riluttanza e provando a limitarla. Il Papa attuale, Benedetto XVI favorisce la pratica tradizionale.

I fedeli che assistono alla Santa Messa secondo il rito nuovo sono liberi di scegliere come sentono, ma la pratica della Comunione sulla lingua è da raccomandare:

1) per mostrare un maggior rispetto verso il Santissimo;

2) per salvaguardare la Fede nella Presenza Reale (ricordando che la Comunione nella mano fu introdotta nell'epoca moderna dai riformatori esplicitamente per distruggere la Fede nella Presenza Reale o, come lo esprime Martin Bucer nella sua "Censura" (ca.1550): "per abolire [...] qualsiasi forma di adorazione-del-pane");

3) per evitare che il Santissimo venga sottratto dalla Chiesa per motivi sacrileghi, per capriccio o per pura ignoranza;

4) per evitare che anche il più piccolo frammento del Santissimo cada per terra, poiché la Chiesa insegna che il Signore è presente interamente anche in esso: "Cristo esiste totale e intero sotto la specie del pane e sotto qualsiasi parte della specie, esiste totale altrettanto sotto la specie del vino e sotto le sue parti". (Trento S. XIII cap.3) "Totus enim et integer Christus sub panis specie et sub quavis ipsius parte, totus enim sub vini specie et sub eius partibus exsistit".

La pratica del ricevere il Santissimo Sacramento in ginocchio, quando è possibile, o almeno dopo una genuflessione, è anche da raccomandare, altrettanto per motivi di rispetto.

III) Il Ringraziamento.

San Giovanni d'Avila, Sant'Ignazio di Loyola, San Luigi Gonzaga facevano il ringraziamento in ginocchio per due ore. San Luigi Grignon de Monfort dopo la Santa Messa si fermava almeno una mezz'ora e non c'era preoccupazione o impegno che valesse a farglielo omettere, poiché diceva: "Non darei questa ora del ringraziamento neppure per un'ora di Paradiso". L'Apostolo San Paolo ha scritto nella sua prima lettera ai Corinzi (6,20): "Glorificate e portate Dio nel vostro corpo": Ebbene non c'è tempo in cui queste parole le realizziamo alla lettera come nel tempo subito dopo la Santa Comunione.

Ricordiamo l'esempio di San Filippo Neri, che fece accompagnare da due chierichetti con le candele accese quel tale che usciva di Chiesa appena fatta la Santa Comunione.

Poiché il Signore rimane nel nostro corpo per quindici o venti minuti dopo la Santa Comunione, non è questo il momento di chiacchierare né dentro, né fuori la Chiesa. Anzi è opportuno e molto salutare fare un ringraziamento che duri almeno un quarto d'ora.

Infine facciamo il possibile per adorare e ringraziare il nostro Signore Gesù Cristo adeguatamente e degnamente, e per testimoniare la nostra Fede nella Sua Presenza Reale in quest'epoca, in cui Lui è talmente ignorato, trascurato, disprezzato e oltraggiato.

Finis partis II.