QUICUMQUE VULT SALVUS ESSE, ANTE OMNIA OPUS EST, UT TENEAT CATHOLICAM FIDEM

----------------------------------------------- QUICUMQUE VULT SALVUS ESSE, ANTE OMNIA OPUS EST, UT TENEAT CATHOLICAM FIDEM ----------------------------------------------

martedì 22 febbraio 2011

Il valore dell'adorazione I parte



Pubblichiamo l'omelia di Padre Konrad di Domenica 2 febbraio

In nomine Patris, et Filii, et Spiritui Sancti.
Queste ultime Messe, dopo l'Epifania prima del secondo ciclo dell'Anno liturgico, che va fino a Pasqua, le sante Messe cominciano con le parole  " Adoráte Deum, omnes Angeli eius "  e voglio cogliere l'occasione per parlare dell'Adorazione.
Uno scrittore francese ha detto una volta: che si potrebbero risolvere tutti i problemi del mondo se l'uomo facesse una cosa sola, e questa cosa è adorare Dio. Questo è lo scopo della creazione dell'Uomo e degli Angeli.
Questo scopo si raggiunge in parte già sulla terra, ma nella sua pienezza nel cielo, l'Adorazione è l'onore manifestato ad un Altro in virtù della Sua eccellenza superiore, per mostrare la propria sottomissione a Lui.
L'Adorazione è sia interna, cioè mentale, sia esterna cioè corporale. L'Adorazione interna è più importante di quella esterna, ma tutte e due sono dovute a Dio dall'uomo perchè l'uomo è composto  dalla mente e dal corpo, e deve adorare Iddio pienamente, ossia con mente e anima altrettanto. Di fatti l'atto esterno di adorazione è necessario per eccitare il nostro affetto per sottomettersi a Dio, e l'adorazione interna, se è autentica, ci preme a manifestarla in gesti esterni.
L'obbligo di adorare Dio è la conseguenza della Sua eccellenza superiore, anzi, in infinita che esige la nostra pienissima sottomissione. Questo obbligo viene stesso dal primo Comandamento: "Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio avanti a me", perchè questo Comandamento ci ordina di adorare Lui solo come nostro supremo Signore, viene espresso ugualmente nel Deuteronomio con le parole citate dal nostro Signore Gesù Cristo + a Satana: "adora il Signore Dio tuo, e a Lui solo rendi culto" (cfr. Tentazioni di Gesù + nel deserto, riportate nei vangeli di: Matteo 4,1-11, Marco 1,12-13 e Luca 4,1-13).
L'Adorazione si rende a Dio in tutti gli atti del culto divino, e in un senso particolare nel culto del Santissimo Sacramento e che, per ricordare, non è ne segno, ne figura, ne virtù (come hanno preteso gli eretici), non è pane che contiene Dio, come tutte le cose contengono Dio, non è pane benedetto, non è  pane sacro, non è neanche la divinità sotto le apparenze di pane, ma Gesù Cristo + sotto l'apparenza di pane nella Sua divinità e la sua umanità diventato Sangue ed Anima, per questo il Santissimo Sacramento esige il culto particolare dell'adorazione.
Per ricordare quando il Santissimo Sacramento è esposto, si fa una doppia genuflessione e un inchino di testa profondo entrando in chiesa, passando davanti al Sacramento e lasciando la chiesa; quando il Sacramento è nel Tabernacolo si fa una genuflessione semplice entrando, passando e uscendo, si prende l'acqua benedetta si fa un segno di Croce + venendo e partendo, e non si parla, se si deve comunicare qualche cosa ad altrui nella chiesa, si fa a voce bassa.
In questo riguardo, carissimi fedeli, non possiamo non accennare alla mancanza di adorazione da parte dei fedeli moderni, purtroppo anche membri del clero, intermediari che siamo fra Dio e l'uomo, entrando in chiesa passando davanti al Santissimo senza il minimo segno di rispetto, parlando a voce alta come se fossero in un luogo di incontro pubblico, o in un museo, anche al telefonino e, carissimi amici, ricevendo la santissima Eucarestia dopo esser mancati alla santa Messa domenicale, o alla santa purezza con altrui o da soli....
La Santa Eucarestia è, come scrive Romano Amerio: il fastigio del sacro, il mezzo per cui tutte le anime vengono condotte indietro all'Uno Dio, che è la loro origine, non c'è niente che è più grande, più glorioso, ne più prezioso sulla terra, se abbiamo trascurato la Santissima Eucarestia, abbiamo trascurato tutto!
L'atto principale dell'Adorazione è il Sacrificio nel quale la sottomissione dell'uomo a Dio viene espressa, nel senso stretto, nella distruzione di una cosa sensibile che rappresenta l'uomo stesso, così l'uomo riconosce la perfezione infinita e la maestà dell'Essere Divino, il Suo sovrano dominio sopra l'uomo, che è venuto all'esistenza che esiste e che è stato salvato per mezzo Suo.
La distruzione della cosa sensibile rappresenta l'offerta definitiva a Dio della vita e di tutto l'essere dell'uomo il suo corpo, la sua anima, la sua intelligenza e la sua volontà e tutto ciò che è. Il Sacrificio perfetto, l'atto di Adorazione perfetto è quello del Calvario, perchè è il Sacrificio di Dio a Dio, il puro e il perfetto Sacrificio, il Sacrificio per eccellenza. Questo Sacrificio viene perpetuato nel santo Sacrificio della Messa che è lo stesso Sacrificio. A questo Sacrificio l'uomo partecipa: il celebrante in modo sacramentale e spirituale, il fedele in modo spirituale. La partecipazione spirituale a questo Sacrificio consiste nel sacrificare se stessi in unione col santo Sacrificio del Calvario. Quanto sublime è la nostra vocazione cattolica, non è per niente che siamo obbligati ad assistere alla Santa Messa ogni settimana!
Adoriamo dunque Dio durante la Santa Messa, e ogni giorno col sacrificio di noi stessi e di tutta la nostra vita, tutta la nostra persona, le gioie e le pene, affinchè un giorno possiamo adorarLo +  pienamente in Cielo con gli Angeli, secondo lo scopo unico della nostra creazione.
In nomine Patris, et Filii, et Spiritui Sancti.

Sia lodato Gesù Cristo +

martedì 15 febbraio 2011

Avviso sacro: Messa a Maniago

Avvisiamo che Sabato 19 Febbraio 2011 alle 16.30, Padre Konrad Zu Loewenstein celebrerà la Santa Messa nella chiesa dell'Immacolata Concezione a Maniago (PN)

venerdì 11 febbraio 2011

IMPORTANTE

Il blog San Simeon ha ora un proprio indirizzo e-Mail:

blog.sansimeon@live.it

Chi desiderasse avere informazioni riguardo le attività della FSSP di Venezia e della chiesa di San Simeon Piccolo, non esiti a mandarci una mail.

Preparatio ad Missam: VI Domenica dopo l'Epifania

Epistola: Fratres: Grátias ágimus Deo semper pro ómnibus vobis, memóriam vestri faciéntes in oratiónibus nostris sine intermissióne, mémores óperis fidei vestrae, et labóris, et caritátis, et sustinéntiae spei Dómini nostri Iesu Christi, ante Deum et Patrem nostrum: sciéntes, fratres, dilécti a Deo, electiónem vestram: quia Evangélium nostrum non fuit ad vos in sermóne tantum, sed et in virtúte, et in Spíritu Sancto, et in plenitúdine multa, sicut scitis quales fuérimus in vobis propter vos. Et vos imitatóres nostri facti estis, et Domini, excipiéntes verbum in tribulatióne multa, cum gáudio Spíritus Sancti: ita ut facti sitis forma ómnibus credéntibus in Macedónia et in Acháia. A vobis enim diffamátus est sermo Domini, non solum in Macedónia et in Acháia, sed et in omni loco fides vestra, quae est ad Deum, profécta est, ita ut non sit nobis necésse quidquam loqui. Ipsi enim de nobis annúntiant qualem intróitum habuérimus ad vos: et quómodo convérsi estis ad Deum a simulácris, servíre Deo vivo et vero, et exspectáre Fílium eius de coelis (quem suscitávit ex mórtuis) Iesum, qui erípuit nos ab ira ventúra.

Fratelli: Noi rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, facendo continuamente memoria di voi nelle nostre orazioni, ricordandoci, davanti a Dio e Padre nostro, dell'opera della vostra fede, dei sacrifizi della vostra carità e della ferma vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, sapendo, o fratelli da Dio amati, che siete degli eletti. Infatti il nostro Vangelo tra di voi non fu solo a parole, ma anche nelle virtù e nello Spirito Santo e in molto accertamento; voi del resto ben sapete quali siamo stati fra di voi per vostro bene. E voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore avendo ricevuto la Parola in mezzo a molte tribolazioni con la gioia dello Spirito Santo, fino a divenire modello a tutti i credenti nella Macedonia e nell'Acaia. Infatti da voi la parola di Dio si è divulgata, non solamente per la Macedonia e per l'Acaia, ma da per tutto si è propagata anche la fama della fede che voi avete in Dio, e tanto che non abbiamo bisogno di parlarne; perché la gente stessa parla di noi, raccontando in che modo siamo venuti da voi e per aspettare dai cieli il suo Figliolo, che egli ha risuscitato da morte, Gesù, il quale ci ha salvati, dall'ira ventura. (1Ts 1,2 10)

L'elogio che fa qui san Paolo della fedeltà dei cristiani di Tessalonica alla fede che avevano abbracciata, elogio che la Chiesa oggi ci pone nuovamente sotto gli occhi, sembra piuttosto un rimprovero per i cristiani dei nostri giorni. Quei neofiti, dediti ancora, la vigilia, al culto degli idoli, si erano lanciati con ardore nella via del cristianesimo, tanto da meritare l'ammirazione dell'Apostolo. Molte generazioni di cristiani ci hanno preceduti, siamo stati rigenerati fin dal nostro ingresso, in questa vita, abbiamo succhiato per così dire con il latte la dottrina di Gesù Cristo: e tuttavia la nostra fede è ben lontana dall'essere viva e i nostri costumi puri come quelli di quei primi fedeli. Tutto il loro impegno consisteva nel servire il Dio vivo e vero, e nell'attendere la venuta di Gesù Cristo; la nostra speranza è la stessa che faceva palpitare i loro cuori: perché dunque non imitiamo la generosa fede dei nostri antenati? Il fascino del presente ci seduce. L'incertezza di questo mondo passeggero ci è dunque ignota? E non abbiamo timore di trasmettere alle generazioni che ci seguiranno un cristianesimo fiacco e sterile ben diverso da quello che Gesù Cristo ha istituito, che gli Apostoli hanno predicato e che i pagani dei primi secoli abbracciarono a costo di qualunque sacrificio?

Vangelo: In illo témpore: Dixit Iesus turbis parábolam hanc: Símile est regnum coelórum grano sinápis, quod accípiens homo seminávit in agro suo: quod mínimum quídem est ómnibus semínibus: cum autem créverit, maius est ómnibus oléribus, et fit arbor, ita ut vólucres caeli véniant, et hábitent in ramis eius. Aliam parábolam locútus est eis: Símile est regnum coelórum ferménto, quod accéptum múlier abscóndit in farínae satis tribus, donec fermentátum est totum. Haec ómnia locútus est Iesus in parábolis ad turbas: et sine parábolis non loquebátur eis: ut implerétur quod dictum erat per Prophétam dicéntem: Apériam in parábolis os meum, eructábo abscóndita a constitutióne mundi.

In quel tempo: Gesù propose alle turbe questa parabola: È simile il regno dei cieli a un chicco di senapa che un uomo prese e seminò nel suo campo: esso è certamente il più piccolo dei semi, ma cresciuto che sia, è il maggiore di tutti gli erbaggi e diviene albero, tanto che gli uccelli del cielo vanno a posarsi tra i suoi rami. Disse loro un'altra parabola: Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina finché tutto fermenta. Tutte queste cose Gesù le disse alle turbe in parabole, e non parlava loro che in parabole, affinché s'adempisse quanto era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, manifesterò cose occulte fin dal principio del mondo. (Mt 13,31-35)


Nostro Signore ci presenta oggi due simboli molto espressivi della sua Chiesa, che è il suo regno e che ha inizio sulla terra per avere il compimento in cielo. Che cosa è quel grano di senapa, nascosto nell'oscurità del solco, nascosto ad ogni sguardo, e che riappare quindi come un germe appena percettibile ma che cresce sempre fino a diventare un albero? Non è forse la divina parola diffusa oscuramente nella terra di Giudea, soffocata per qualche istante dalla malizia degli uomini fino ad essere posta in un sepolcro, e che poi si leva vittoriosa e si estende presto su tutto il mondo? Non era passato ancora un secolo dalla morte del Salvatore, e già la sua Chiesa contava membri fedeli molto al di là dei confini dell'Impero romano. Da allora, ogni genere di tentativi è stato fatto per sradicare quel grande albero; la violenza, la potenza, la falsa sapienza vi hanno perso il proprio tempo. Tutto quello che hanno potuto fare è stato di strappare qualche ramo, che la linfa vigorosa dell'albero ha subito sostituito. Gli uccelli del cielo che vengono a cercare asilo e ombra sotto i suoi rami, sono - secondo l'interpretazione dei Padri - le anime che, attratte dalle cose eterne, aspirano ad un mondo migliore. Se siamo degni del nome di cristiani ameremo quell'albero, e non troveremo pace e sicurezza che sotto la sua ombra protettrice.

La donna di cui si parla nella seconda parabola, è la Chiesa, madre nostra. È essa che, ai primordi del cristianesimo, ha nascosto, come un lievito segreto e salutare, la divina dottrina nella massa dell'umanità. Le tre staia di farina che ha fatto lievitare per formarne un pane delizioso sono le tre grandi famiglie della specie umana, uscite dai tre figli di Noè e alle quali risalgono tutti gli uomini che abitano la terra. Amiamo questa madre, e benediciamo quel lievito celeste per il quale siamo diventati figli di Dio, diventando figli della Chiesa.

Orazione: Praesta, quaésumus, omnípotens Deus: ut, semper rationabília medi­tántes, quae tibi sunt plácita, et dictis exsequámur, et factis.
Fa', o Dio onnipotente, che noi, meditando sempre cose spirituali, compiamo con le parole e coi fatti ciò che ti è gradito.

lunedì 7 febbraio 2011

La Santa Messa spiegata ai fanciulli IX parte


9. Confronto fra i sacrifici antichi ed il Sacrificio del Calvario

Facciamo adesso un breve confronto fra i sacrifici antichi e il sacrificio di Gesù sulla
croce.
I sacrifici antichi erano soltanto un simbolo ed una figura del sacrificio di Gesù (fig.
9). Gli agnelli che offriva Abele e gli agnelli che offrivano, mattina e sera, i Sacerdoti di Israele,
erano simboli di Gesù, che, come agnello mansueto, è stato sacrificato sul monte
Calvario. Isacco che, sull’altare fatto di pietre, stava per essere immolato in onore di Dio,
era simbolo di Gesù, che, sull’altare della croce, s’immola per la salvezza del mondo…
Figura 9: I sacrifici antichi erano solo un simbolo ed una figura del sacrificio di Gesù sulla croce.


 
E così tutti i sacrifici della Legge antica: furono tutti simboli, tutte figure di grande
sacrificio di Gesù. Furono come ombre, come disegni, come ritratti. Il Sacrificio vero fu soltanto
quello di Gesù. Per oltre quattromila anni gli uomini cercarono, fra le cose create, una vittima per
poter onorare Iddio, in un modo degno della sua maestà infinita; ma questa vittima non la
trovarono mai! Soltanto Gesù, immolato sulla croce, fu Vittima degnissima, d’infinito valore,
capace di onorare convenientemente Iddio.
Col sangue delle vittime, che anticamente si immolavano sull’altare del Signore, desideravano
gli uomini di ottenere il perdono dei loro peccati; ma il perdono non si otteneva.
Soltanto il Sangue prezioso di Gesù, che sgorgò abbondantissimo dalle sue piaghe, fu capace
di ottenere il perdono di tutti i peccati del mondo.
Quando gli uomini volevano domandare a Dio qualche grazia, o volevano ringraziarlo
dei benefici ricevuti, immolavano vittime sugli altari; ma quelle vittime, dinessun valore,
non potevano ottenere da Dio le grazie, né potevano essere un conveniente ringraziamento
per i benefici già ricevuti. Soltanto Gesù, immolato sulla croce, fu una vittima di infinito valore, colla quale si ringrazia degnamente Iddio per tutti i benefici compartiti agli uomini, e si ottengono grazie a mille a mille.
Dal giorno, dunque, in cui Gesù morì sulla croce, cessarono tutti i sacrifici antichi, si
abbandonarono tutte le vittime; perché l’unico vero sacrificio si era compiuto sul Calvario;
la più perfetta, la più santa Vittima era stata offerta a Dio!

martedì 1 febbraio 2011

Le lezioni di dottrina: "Extra ecclesia non est salus".

Lezione di Dottrina Cattolica tenuta da Padre Konrad zu Loewenstein


il giorno Sabato 19 Giugno presso Padova.


Il Concilio Vaticano I , rifacendosi alla Scrittura, stabilisce dogmaticamente che "senza la fede non è possibile che l'anima sia gradita a Dio", principio riassunto sinteticamente nell'espressione " Extra ecclesiam nulla salus" (a riguardo cfr.Enciclica "Singulari quadam" di Pio IX.). Specificazione: il dogma è una verità sovrannaturale dichiarata da credere come tale dalla Chiesa.


Essendo il nostro fine ultimo sovrannaturale abbiamo bisogno di un mezzo sovrannaturale. A riguardo San Tommaso D'Aquino introduce il paragone del "viaggio":


– il nostro fine è Dio;
– il nostro mezzo è Nostro Signore Gesù Cristo che dice "Io sono la Via: nessuno viene al Padre se non per mezzo di me... nemo venit ad Patrem nisi per me "(Gv.14, 6).


Il contenuto della Fede è un disputatum ovvero non è stabilito dogmaticamente ma secondo l'opinione comune dei teologi è costituito:


– esplicitamente dai due Misteri fondamentali: la Santissima Trinità (come Fine) e l'Incarnazione (come Mezzo per raggiungerLa).
– implicitamente da tutte le altre verità di Fede che possono essere anche ignorate dalla singola persona ma che si danno per implicitamente accettate.


La I Lettera di San Paolo apostolo a Timoteo insegna che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della Verità. Dalla sua Onnipotenza deduciamo quindi che a tutti viene data la possibilità di giungere alla Fede.


Alla salvezza si giunge solo e soltanto tramite la Fede: non basta vivere secondo coscienza (elemento naturale insufficiente) o secondo una qualche religione. Pio IX si interroga riguardo alla responsabilità di coloro che si trovano in ignoranza invicibile della Fede. Esempio di ignoranza invicibile è quella di coloro che si trovano al di fuori della civiltà cristiana. Essi non sono colpevoli agli occhi del Signore. San Tommaso insegna che quando qualcuno faccia ciò che è nel suo potere, cioè il possibile (per giungere alla fede ad esempio), Dio non mancherà di fare il necessario (cioè ciò che manca oltre a quanto fatto dal soggetto che ha operato tutto quanto era in suo potere): dunque permetterebbe a chi è in stato di ignoranza invicibile che vive secondo la propria coscienza di giungere alla Fede tramite un'ispirazione interiore oppure un predicatore, umano o angelico.


La evangelizzazione è, dunque, di prima importanza: è l'ultima cosa che viene ordinata agli apostoli da Nostro Signore. La stessa parola "cattolico" significa, tra l'altro, "universale". L'"ecumenismo", parola derivante dal greco "oikumène" cioè "terra abitata", si pone l'obiettivo di condurre tutto il mondo nella fede cattolica (secondo il concetto di "orbe cattolico"): la Chiesa è l'unica arca di salvezza che può condurre a Dio alla luce della Stella maris, la Beata Vergine Maria.


Gli strumenti per giungere alla salvezza sono l' intelligenza e la volontà e sono da ritenersi entrambe necessarie. Attualmente si incorre nell'errore di concentrarsi esclusivamente sulla volontà, sull'aspetto dell' amore , ma esso è insufficiente, o meglio non si può avere amore senza la conoscenza, per il motivo che non si può concepire il buono senza il vero: dunque l'amore si deve basare sul vero.


Esaminiamo ora due visioni errate riguardo al rapporto tra fede e salvezza, una troppo ristretta e una troppo ampia.

a) Troppo ristretta è la visione proposta da padre Leonard  Feeney (diffusa negli Stati Uniti) che ci si salvi solo tramite il battesimo formale (quello officiato dalla Chiesa secondo il rito). Esclude ad esempio due forme di battesimo da sempre riconosciute dalla Chiesa Cattolica: il battesimo del voto e il battesimo del sangue (Cfr. Catechismo della Dottrina cristiana di San Pio X, n.280).

Egli si basa su un passo del Vangelo di San Giovanni, ove Cristo si rivolge a Nicodemo dicendo che la salvezza si raggiunge solo "per acqua e Spirito Santo" (Gv 3, 5) commettendo un errore di matrice sostanzialmente protestante, ovvero limitandosi alla letteralità del testo biblico senza tener conto del costante insegnamento della Chiesa (mentre secondo la Dottrina Cattolica la Scrittura non è di per sé sufficiente: sola Scriptura non sufficit ).


Ad ogni modo, la retta interpretazione del citato passo giovanneo viene illustrata  in analogia con un altro passo del medesimo Vangelo, e precisamente con i versetti 51-58 del sesto capitolo. Dalla lettura dei passi esaminati sembra che soltanto chi riceva il Battesimo e la Santa Comunione si salvi, invece l'Angelico Dottore D'Aquino insegna che per la salvezza non sono veramente necessari i sacramenti a cui ci si riferisce ma la realtà della grazia che da entrambi scaturisce (non dunque l'actus ma lo status ). Riassumendo, per salvarsi non è strettamente necessario aver ricevuto il battesimo formale o la Santa Comunione ma possedere la grazia santificante.

Per concludere illustriamo il significato del battesimo del voto e del sangue prima accennati. Il battesimo del voto si basa sul desiderio del battesimo stesso. Non è tuttavia sufficiente questo desiderio se non è coltivato unitamente all'autentico pentimento per i proprii peccati. Situazione tipica di "voto" è quella del catecumeno che si prepara per ricevere il battesimo. Il battesimo del sangue è rappresentato dal sacrificio dei martiri. Il martirio è infatti un atto perfetto di carità che lava tutti i peccati.


b) Il secondo errore è quello che confonde l'ordine naturale e sovrannaturale.


Si cade nel "naturalismo" quando si porta tutto nell'ordine naturale, nel "sovrannaturalismo" quando tutto è ricondotto a quello sovrannaturale.
 Di matrice naturalista è ad esempio l'eresia di Pelagio che afferma che, per ottenere la salvezza, è sufficiente condurre una buona vita secondo la coscienza (elemento naturale) anche senza la grazia. La grazia è invece un elemento centrale e fondamentale, anche se spesso dimenticato (ad esempio dai falsi ecumenisti).

Di matrice sovranaturista è ad esempio la tesi che il limbo non esista: cioè che tutti i bambini morti prima del battesimo godranno della visione beatifica di Dio: ovvero la beatitudne sovrannaturale. Contro questa tesi occorre dire che non è mai stato dichiarato dogmaticamente che esista il limbo, tuttavia il magistero ordinario della Chiesa si è pronunziato costantemente in questo senso. Il documento del 2007 emanato in materia da una commissione teologica internazionale, che esprimeva vari ordini di dubbi riguardo l'esistenza del limbo, non è parimenti vincolante ma contribuisce alla discussione teologica in materia: rappresenta un'opinione teologica.


Il Concilio di Trento dichiara che il battesimo è necessario per la salvezza, il Catechismo della Dottrina Cristiana di San Pio X che i bambini non battezzati vanno al limbo e il Servo di Dio Pio XII, nell'Enciclica "Humani generis" ( s. 42) ricorda che lo stato di grazia è assolutamente necessario per la salvezza: per gli adulti un atto d'amore perfetto, di carità, può bastare per conseguire lo stato di grazia (e dunque la salvezza) ma ai bimbi è preclusa tale possibilità.

I teologi si sono poi soffermati sull'ipotizzare le caratteristiche del limbo.

San Tommaso descrive la prospettiva del limbo come una prospettiva di beatitudine , un'unione dell'intelletto e della volontà con Dio nel pieno godimento di tutti i beni naturali

Tuttavia possiamo dire che il limbo si situa all'inferno: questo può sembrare strano viste le caratteristiche illustrate supra perché associamo all'inferno l'idea della sofferenza, ma, come insegna anche il Dottore angelico, la caratteristica fondante dell'inferno non è la sofferenza (poiché essa non è propria dell'intero inferno ma solo di alcune sue parti), ma la mancanza della grazia e della visione beatifica di Dio che non è accessibile per le anime non morte in stato di grazia.