Omelia tenuta da S. Ecc. Mons. Luigi Negri
alla S. Messa solenne in Forma Extraordinaria del Rito Romano
il giorno di Pentecoste (19 maggio 2013)
per il Popolo Summorum Pontificum
al Santuario della Madonna del Poggetto
http://www.missagregoriana.it/?p=1335
La
S. Messa secondo il rito antico è celebrata oggi nella grande Solennità
di Pentecoste, che ricorda alla Chiesa di ogni tempo, di ogni momento, e
quindi ad ogni cristiano, che l’avvenimento della Fede e quindi lo
svilupparsi della Fede in una vita di comunità e in una vita di
comunione, in una pratica della carità, in un esercizio attivo della
missione, tutto questo nasce dal miracolo dell’effusione dello Spirito
Santo nel cuore dei fedeli, che è dono purissimo del Signore!
Il
Santo Padre Benedetto XVI, in un intervento mirabile tenuto durante il
Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione – a cui ebbi l’onore di
partecipare, invitato personalmente da Benedetto XVI – disse, “la Chiesa non nasce per una decisione della base. La Chiesa non nasce da nessuna assemblea costituente.”
La Chiesa nasce per opera dello Spirito Santo, che cambia il cuore
degli uomini e li identifica con il Cuore stesso di Dio. È lo Spirito
del Signore crocifisso e risorto. È il suo modo di sentire la vita, il
suo modo di giudicare l’esistenza, il suo modo di rapportarsi agli
uomini. È la novità del suo essere e del suo esistere che è passata in
maniera, come dire, dirompente nella vita di una comunità che certamente
era in preghiera, attendendolo, ma che non poteva assolutamente
presumere di entrare nella modalità e nel contenuto del grande evento di
cui sono stati spettatori e sono diventati protagonisti.
Lo Spirito
cambia il cuore dell’uomo, il suo modo di essere, il suo modo di agire e
il suo modo di sentire l’esistenza. Prosegue nel mondo l’Umanità di
Cristo: la Chiesa che nasce dallo Spirito si mantiene viva nello
Spirito, si comunica agli uomini attraverso lo Spirito. Questa Chiesa è
il volto definitivo che nella storia assume il Signore Gesù Cristo!
Noi
abbiamo questa altra grande e definitiva eredità: quella di partecipare
veramente al mistero della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica,
di viverla con verità nella nostra vita di ogni giorno, nella buone e
nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, nella gioia e nel
dolore come dicono i protagonisti del grande Sacramento ecclesiale che è
il Matrimonio. Io credo che questo situi la vostra lodevole iniziativa
del Pellegrinaggio, con questa Messa, nel suo contesto vero. Io mi
auguro e vi auguro che questa celebrazione eucaristica nel giorno della
Pentecoste serva a ciascuno di voi – come penso e spero sia servita a me
– per ritrovare il calore degli inizi, il calore dell’evento della
Chiesa generato dallo Spirito Santo. La grandezza dell’evento della
nostra missione è quella di farci apprendere questa novità e non tenerla
ciascuno per sé ma di diffonderla a tutti gli uomini.
Ho
partecipato ieri alla Veglia di Pentecoste che il Papa Francesco ha
tenuto con oltre 150.000 giovani delle varie realtà ecclesiali. A un
certo punto il Papa ha detto con il suo stile sincero e spigliato fino a
una durezza cui non si era abituati: “la Chiesa non deve stare dentro
di sé”. Non deve chiudersi in sé. Se si chiude in sé si ammala. La
Chiesa deve uscire da sé, non abbandonando la sua identità, ma per
vivere la sua identità, perché l’ambito vitale della Chiesa è la
missione e occorre dunque che la Chiesa esca da sé e vada verso gli
uomini, visitando tutte le periferie dell’esistenza dell’uomo d’oggi.
Quindi la Pentecoste vi consegna la missione ecclesiale.
Vi consegna il vanto dell’essere testimoni di Cristo risorto fino agli
estremi confini del mondo, generatori – lo dice Sant’Ireneo in un brano
formidabile – resi capaci di essere generatori dei figli di Dio. Di fare
degli uomini dei figli di Dio.
Mi
è già accaduto, pure in questi pochi mesi del mio servizio episcopale
qui, di chiarire quali sono i termini della vita e della missione. Non
posso e non debbo in questo momento di saluto rievocare tutto, ma a mio
parere è importante situare questa celebrazione sotto il volto e
lo sguardo tenero e forte di Maria e situarla come un evento di grazia e
di responsabilità.
Il Cristianesimo è un evento di grazia
perché ci è donato integralmente e nessuno può dire, “ho diritto”. Non
avevamo diritto alla Fede. Non avevamo diritto all’Incarnazione del
Figlio di Dio. Così ricordiamo qualche volta i nostri “fedeli” che
vengono a chiedere o a pretendere i Sacramenti: loro non hanno alcun
diritto sui Sacramenti. I Sacramenti sono un dono che la Chiesa ha
ricevuto dal Signore Gesù Cristo e la Chiesa li consegna a coloro che
sono nella condizione di assumerli in maniera adeguata. Mi riferisco
alla questione assolutamente inconsistente – dal punto di vista
teologico e pastorale – del “diritto” dei divorziati risposati a
ricevere l’Eucaristia.
Allora, questa
grazia della Chiesa voi la vivete nel punto sorgivo della Fede, che è
l’Eucarestia, la celebrazione liturgica. Voi la attingete per la
prudente e grande misericordia centrale di Benedetto XVI. Potete
assumerla utilizzando uno dei due grandi tesori della liturgia della
Chiesa: la liturgia tradizionale. Non alternativa alla liturgia
riformata del Concilio Vaticano II, ma che vive con piena dignità, con
piena fisionomia, con piena libertà e con piena responsabilità accanto
alla liturgia riformata.
Benedetto
XVI l’ha detto con mirabile chiarezza nel Motu Proprio. Ha voluto
ampliare la possibilità di vivere la ricchezza della liturgia della
Chiesa; perciò ha chiesto a tutta la Chiesa, cominciando dai Vescovi, di
essere rispettosi di questo suo intendimento di allargare i tesori
della Chiesa, concedendo a chi ne sente legittimamente il desiderio di
favorire il diritto di poter accedere a questo tesoro “antico” e di
viverlo con pienezza nella contemporaneità per la verità della Fede di
oggi e della missione di oggi.
Il Papa ha così
certamente superato quella contraddizione spuria e inaccettabile fra
“antico” e “presente”, rompendo e superando quell’ermeneutica della
discontinuità per ciò che viveva prima del Concilio e ciò che ha
annunziato il Concilio e ciò che l’attuazione del Concilio ha
faticosamente portato al vivere attuale. C’è un’unica Chiesa
del Signore, cui lo Spirito ha dato da vivere momenti diversi; il
Concilio Ecumenico Vaticano II è stato un momento di straordinaria
importanza, anche se di grande sfida per la crescita della Chiesa.
Allora
voi utilizzate – e io sono lieto che lo facciate anche in questa
Diocesi della quale sono Arcivescovo da pochi mesi – questa liturgia. Non
contro qualcuno, o per affermare opinioni, ma per vivere il mistero
della Chiesa secondo la profondità e la verità con cui sentite il dovere
e il diritto di vivere. E la Chiesa rende possibile anche
questo. Benedetto XVI – io non sono una persona che usa le parole per
modo di dire – Benedetto XVI ha usato una misericordia pastorale
mettendo a servizio della Fede dei singoli Cristiani o dei piccoli
gruppi che potrebbero anche non essere identificati strettamente dal
punto di vista numerico: i “coetus” sono tutti quei fedeli che hanno il diritto e il dovere di poter accedere a questa liturgia. L’avete
fra le mani; la Chiesa vi consente di introdurla con piena libertà. Non
potrà esserci nessuno, nessuna Diocesi in Italia o nel mondo che vi
dica di no.
Nel momento in cui ci dovesse essere un solo “no”, il
Vescovo deve essere chiamato in causa. Prima di allora, il dialogo fra i
fedeli che vogliono la liturgia antica e la Chiesa è un dialogo tra
fedeli e il Sacerdote che si sente di aiutarvi in questo vostro
esercizio e questa vostra volontà di partecipare a questo rito antico e
bellissimo che – certamente esige per una partecipare adeguata
una corrispettiva preparazione che certamente voi avrete. Io penso che
perché diventi un’esperienza per i tanti che non la conoscono occorra un
periodo di formazione e di preparazione.
Io ho tentato di attuare il
Motu Proprio in una Diocesi piccola com’è quella di San
Marino-Montefeltro senza particolari reazioni. Lì dove ci sono state
invece le ho raccolte in una relazione al Santo Padre esprimendo come
era stato gestita la situazione, anche perché mancavano le linee
attuative arrivate più di due anni dopo. Io ho ricevuto una breve
lettera personale da Benedetto XVI che ha lodato il modo con cui senza
tensioni la Messa antica era stata riportata nella Diocesi di San
Marino-Montefeltro.
Praticate la
liturgia antica per voi. Per la verità della vostra Fede. Per la verità
della vostra Carità. Per l’impeto della vostra missione.
Come
quelli che la devono praticare con la liturgia riformata per la verità
della loro Fede e la loro Carità: sono due tesori che servono ad un
unico popolo. E quest’unico popolo maturo si alimenta della Fede proprio
se sa vivere la libertà che la Chiesa concede. La libertà liturgica che, in questo caso, la Chiesa non solo concede ma garantisce.
Non
abbiate delle opinioni da difendere o da opporre agli altri.
L’Arcivescovo di Ferrara-Comacchio non è custode di nessun’opinione e
non è propagatore di nessun’opinione. L’Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
ha una sola opinione: la verità del Signore, il Vangelo, la Tradizione
della Chiesa, il Magistero del Santo Padre ed il Suo proprio sempre in
collegamento con quello del Santo Padre. Questo è lo spazio entro cui
Benedetto XVI l’ha concesso. Io sono stato tra i Vescovi (devo dire la
verità, non moltissimi) che hanno guadagnato da tutto questo un
approfondimento della propria identità in merito all’esperienza di Dio. È una grandezza, non soltanto per coloro che lo praticano, ma è una grandezza per tutta la Chiesa.
Per questo – e concludo – dovrete sempre cercare il massimo di adesioni alla vita della comunità ecclesiale. Questa
pratica non vi sottrae dalla vita della comunità ecclesiale né tanto
meno dalla faticosa ma altrettanto bella realizzazione della comunione.
In questa nostra terra la vita ecclesiale è fortemente impegnata nella
lenta ma inesorabile fatica di emergere dalle rovine materiali che sono
state una grande sfida, come ho scritto, a recuperare la Fede e la
Carità.
Io sono calato nel clero di questa Diocesi e ho visto che ci
sono tanti laici che non si sono fatti mettere in crisi dalle vicende
del terremoto di un anno fa, che ha reso impraticabile centinaia di
chiese. Esso li ha costretti e ci costringe ancora a vivere l’Eucarestia
ancora in luoghi di fortuna o nelle sale in cui le comunità sono
ospitate o celebrandola nei pochi luoghi risparmiati dal terremoto. Il
terremoto ha distrutto le case e le chiese. Non ha distrutto la Fede. Su
questa Fede contiamo di riprendere.
Purtroppo dobbiamo sperare anche
nelle istituzioni pubbliche, che fino ad ora non hanno dato grande prova
di tempestività, ma la prima risorsa che abbiamo è la nostra esperienza
di Fede.
Siamo tutti dentro un’unica Chiesa: perciò, anche in quest’esperienza particolarissima e bellissima che vivete,
dovete cercare di vivere ogni giorno di più come membra vive della
Chiesa, partecipando all’unico Sangue e all’unico Corpo del Signore di
modo che, crescendo in voi la Fede, la Speranza e la Carità, siate
membra vive di questa Chiesa nel mondo.
Vi
seguo con affetto. Vi incoraggio nel vostro cammino. Vi chiedo quella
sana umiltà che Papa Francesco, prima di chiederla alla sua Chiesa,
testimonia ogni giorno con la sua presenza e col suo modo d’essere. Non
abbiate altra preoccupazione se non quella di vivere nel profondo quel
che la Chiesa ha concesso per il bene vostro e di tutta la Chiesa. Siate
certi che non vi mancherà mai né la mia accoglienza né il mio sostegno.
La mia correzione, se fosse necessario, come per ogni comunità qualora
questo mio compito si dovesse esprimere, ma suppongo che non avverrà
mai! Proseguite con questa S. Messa che non ho voluto interrompere.
Intendo perciò sottolineare che non ho potuto partecipare in toto alla
pregevole iniziativa solo perché mi attendevano e ancora mi aspettano
gli impegni diocesani legati alla solennità odierna.
Ora,
perché il vostro cammino sia chiaro e sicuro abbracciate la verità,
dono del Signore che lo Spirito Santo fa a tutta la Chiesa e che il
Vescovo custodisce, protegge e comunica. Pregate ora per me, per questa
non lieve fatica che mi sento sulle spalle e che verso la fine della mia
vita ho inteso assumermi come ubbidienza al Vicario di Cristo, che mi
ha chiesto con un’insistenza che ha tolto ogni possibilità di
resistenza.
Auguri a tutti!