QUICUMQUE VULT SALVUS ESSE, ANTE OMNIA OPUS EST, UT TENEAT CATHOLICAM FIDEM

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martedì 14 dicembre 2010

Preparatio ad Missam: Quarta Domenica d'Avvento




El Greco: San Giovanni Battista

[1577-79 Santo Domingo el Antiguo, Toledo]

Eccoci entrati nella Settimana che precede immediatamente la Nascita del Messia: fra sette giorni al più tardi, egli verrà; e secondo la lunghezza del tempo dell'Avvento, la quale varia ogni anno, può accadere che la venuta tanto desiderata abbia luogo fra sei giorni, fra tre giorni o anche domani. La Chiesa conta le ore di attesa; veglia giorno e notte, e i suoi Uffici hanno preso una solennità insolita dal 17 dicembre. Alle Laudi, essa varia ogni giorno le Antifone; ai Vespri, esprime con tenerezza e maestà i suoi desideri di Sposa con brucianti esclamazioni verso il Messia, nelle quali gli da per ciascun giorno un titolo magnifico attinto dal linguaggio dei Profeti.

Oggi [1] essa da gli ultimi tocchi per commuovere i suoi figli. Li trasporta nella solitudine e mostra loro Giovanni Battista, sulla cui missione li ha già istruiti nella terza Domenica. La voce di quell'austero Precursore risuona nel deserto e si fa sentire fin nelle città, predicando la penitenza, la necessità di purificarsi nell'attesa di colui che sta per apparire. Ritiriamoci in disparte durante questi giorni; o se non possiamo farlo a causa delle nostre occupazioni esteriori, ritiriamoci nel segreto del nostro cuore e confessiamo la nostra iniquità, come quei veri Israeliti che venivano, pieni di compunzione e di fede nel Messia, a completare ai piedi di Giovanni Battista l'opera di preparazione per riceverlo degnamente quando fosse apparso.

Ora, ecco la santa Chiesa che, prima di aprire il libro del Profeta, ci dice all'ordinario, ma con solennità sempre maggiore:

Lettura del Profeta Isaia

Liberazione e trionfo d'Israele.

Gioiranno il deserto e il sabbione,

esulterà la steppa e sarà florida;

qual narciso in fiore fiorirà

ed esulterà con tripudio e con giubilo.

Le è conferita la gloria del Libano,

la magnificenza del Carmelo e del Saron.

Questi vedranno la gloria del Signore,

la magnificenza del nostro Dio.

Rafforzate le mani infiacchite

e le ginocchia cascanti rinfrancate.

Dite agli smarriti di cuore: "Fatevi animo,

non temete; ecco il vostro Dio,

apporta la vendetta, la divina ricompensa;

Egli stesso ve l'apporta, e così vi salva”.

Allora si apriranno gli occhi ai ciechi,

e si schiuderanno le orecchie al sordi.

Via sacra aperta agli scampati dall'esilio.

Allora lo zoppo salterà come un cervo,

e si scioglierà al canto la lingua del muto,

perché sgorga l'acqua nel deserto,

e i rivi corrono per la steppa;

si cambierà il sabbione in acquitrino,

e il suolo arido in vene d'acqua;

dov'era un covile di draghi

sarà un recinto per greggi e cammelli.

Ci sarà ivi un sentiero battuto,

che verrà chiamato "la via sacra";

non ci passerà persona immonda;

esso è scorta al cammino,

e sin gl'insensati non si smarriranno.

Non sarà quivi alcun leone

e nessun brigante vi monterà;

non vi s'incontrerà bestia feroce,

la percorreranno i riscattati.

Torneranno i redenti dal Signore

e giungeranno a Sion con giubilo,

di perpetua letizia coronati;

allegrezza e letizia li inonderanno,

e fuggiranno mestizia e gemito [2].

(Is 35,1-10)

Sarà dunque veramente grande, o Gesù, la gioia della tua venuta, se deve risplendere per sempre sulla nostra fronte come una corona! Ma come potrebbe non essere così? Il deserto stesso, al tuo avvicinarsi, fiorisce come un giglio, e acque vive sgorgano dal seno della terra più riarsa. O Salvatore, vieni presto a darci quest'Acqua di cui il tuo Cuore è la fonte, e che la Samaritana, la quale è l'immagine di noi peccatori, ti chiedeva con tanta insistenza. Quest'Acqua è la tua grazia; irrori dunque essa la nostra aridità, e fioriremo anche noi; spenga la nostra sete, e correremo anche noi i sentieri dei tuoi precetti e dei tuoi esempi, o Gesù, con fedeltà, sui tuoi passi. Tu sei la nostra Via e il nostro sentiero verso Dio; e Dio sei tu stesso: tu sei dunque anche il termine del nostro cammino. Noi avevamo perduta la via, ci eravamo sbandati come pecore erranti. Quanto e grande il tuo amore per venire così vicino a noi! Per insegnarci la via del ciclo, tu non sdegni di discendere, e vuoi lare con noi la strada che vi conduce. No, ormai le nostre braccia non sono più stanche; le nostre ginocchia non tremano più; sappiamo che tu vieni nell'amore. Una sola cosa ci rattrista: vedere cioè che la nostra preparazione non è perfetta. Abbiamo ancora molti legami da spezzare; aiutaci, o Salvatore degli uomini! Vogliamo ascoltare la voce del tuo Precursore, e raddrizzare tutto ciò che potrebbe ostacolare i tuoi passi sul cammino del nostro cuore, o divino Bambino! Che siamo battezzati con il Battésimo d'acqua della penitenza; tu verrai quindi a battezzarci nello Spirito e nell'amore.

Messa

Epistola: Fratres: Sic nos exístimet homo ut minístros Christi, et dispensatóres mysteriórum Dei. Hic jam quæritur inter dispensatóres, ut fidélis quis inveniátur. Mihi autem pro mínimo est, ut a vobis júdicer, aut ab humáno die: sed neque meípsum júdico. Nihil enim mihi cónscius sum: sed non in hoc justificátus sum: qui autem júdicat me, Dóminus est. Itaque nolíte ante tempus judicáre, quoadúsque véniat Dóminus: qui et illuminábit abscóndita tenebrárum, et manifestábit consília córdium: et tunc laus erit unicuíque a Deo.

Fratelli: Così ci consideri ognuno come servitori di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio. Or quel che si richiede nei dispensatori è che ciascuno sia trovato fedele. A me poi pochissimo importa di essere .giudicato da voi o da un tribunale umano, anzi neppure da me stesso mi giudico; perché sebbene io non mi senta colpevole di cosa alcuna, non per questo sono giustificato, essendo il mio giudice il Signore. Quindi non giudicate avanti il tempo, finché non venga il Signore, il quale metterà in luce ciò che è nascosto nelle tenebre, e manifesterà i consigli dei cuori; allora ciascuno avrà da Dio la lode (che gli spetta). (1Cor 4,1-5)

La Chiesa pone nuovamente sotto gli occhi dei popoli, in questa Epistola, la dignità del Sacerdozio cristiano, in occasione dell'Ordinazione che si è celebrata la vigilia, e ricorda nello stesso tempo ai sacri Ministri l'obbligo che hanno contratto di mostrarsi fedeli nell'ufficio che e stato loro imposto. Del resto, non spetta alle pecore giudicare il pastore: tutti, sacerdoti e popolo, debbono vivere nell'attesa del giorno della venuta del Salvatore, di quell'ultima venuta il cui spavento sarà tanto grande quanto è attraente la dolcezza della prima e della seconda alla quale prepariamo le nostre anime.

Vangelo: Anno quintodécimo impérii Tibérii Cæsaris, procuránte Póntio Piláto Judæam, tetrárcha autem Galilææ Heróde, Philíppo autem fratre ejus tetrárcha Iturææ et Trachonítidis regiónis, et Lysánia Abilínæ tetrárcha, sub princípibus sacerdótum Anna et Cáipha: factum est verbum Dómini super Joánnem, Zacharíæ fílium, in desérto. Et venit in omnem regiónem Jordánis, prædicans baptísmum poeniténtiæ in remissiónem peccatórum, sicut scriptum est in libro sermónum Isaíæ prophétæ: Vox clamántis in desérto: Paráte viam Dómini: rectas fácite sémitas ejus: omnis vallis implébitur: et omnis mons, et collis humiliábitur: et erunt prava in dirécta, et áspera in vias planas: et vidébit omnis caro salutáre Dei.

L'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, essendo, governatore .della Giudea Ponzio Pilato, tetrarca di Galilea Erode, tetrarca dell'Iturea e della Traconitide Filippo suo fratello, e tetrarca di Abilene Lisania, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio fu diretta a Gióvainni figlio di Zaccaria nel deserto. Ed egli andò per tutta la regione del Giordano, predicando il battesimo di penitenza in remissione dei peccati: come sta scritto nel libro dei sermoni del profeta Isaia: Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni valle sarà colmata, ogni monte e colle sarà abbassato, e le vie tortuose saran fatte diritte, e le scabre appianate, ed ogni uomo vedrà la salvezza di Dio. (Lc 3,1-6)

Tu sei vicino, o Signore, perché l'eredità del tuo popolo è passata nelle mani dei Gentili, e la terra che avevi promessa ad Abramo non e più oggi che una provincia di quel vasto impero che deve precedere il tuo. Gli oracoli dei profeti si avverano di giorno in giorno; la predizione dello stesso Giacobbe è compiuta: Lo scettro è stato tolto a Giuda. Tutto si prepara per il tuo arrivo, o Gesù! È così che tu rinnoverai la faccia della terra: degnati di rinnovare anche il mio cuore, e sostenere il suo coraggio in queste ultime ore che precedono la tua venuta. Esso sente il bisogno di ritirarsi nel deserto, d'implorare il battesimo della penitenza, di raddrizzare le sue vie: fa' tutto questo in esso, o divin Salvatore, affinché il giorno in cui discenderai il suo gaudio sia pieno e perfetto.

Orazione: Éxcita, quæsumus, Dómine, poténtiam tuam, et veni: et magna nobis virtúte succúrre: ut per auxílium grátiæ tuæ, quod nostra peccáta præpédiunt, indulgéntia tuæ propitiatiónis accéleret.

Risveglia, Signore, la tua potenza e vieni a soccorrerci con la forza della tua grazia, affinché la tua bontà ci dia più presto quegli aiuti che i nostri peccati fanno ritardare.

[1] La quarta Domenica di Avvento è chiamata Rorate dalle prime parole dell'Introito; ma per lo più la si denomina Canite tuba, che sono le parole con cui inizia il primo Responsorio del Mattutino, e la prima Antifona delle Laudi e dei Vespri.

[2] "Le g randiose promesse di questo capitolo hanno ricevuto un parziale compimento all'epoca del ritorno dall'esilio (VI secolo a. C.) e del ristabilimento politico d'Israele. Ma il pensiero del profeta si eleva più in alto e giunge più lontano, la restaurazione nazionale non è che il punto di partenza e la figura della conversione del mondo al vero Dio e del regno del Messia sulla terra, particolarmente alla fine del tempi. Parecchi punti di questa descrizione sono stati realizzati alla lettera da Gesù Cristo (Mt 11,5), e avranno tutti una realizzazione più completa nella nuova creazione che sostituirà l'antica alla fine del tempi (Crampon)" Tobac, Les Prophètes, II, p. 121.

venerdì 10 dicembre 2010

Preparatio ad Missam: III Domenica di Avvento



Il gaudio della Chiesa aumenta vieppiù in questa Domenica. Ella sospira sempre verso il Signore; ma sente che ormai è vicino, e crede di poter temperare l'austerità di questo periodo di penitenza con l'innocente letizia delle pompe religiose. Innanzi tutto, questa Domenica ha ricevuto il nome di Gaudete, dalla prima parola del suo Introito; ma, inoltre, vi si osservano le commoventi usanze che sono proprie della quarta Domenica di Quaresima chiamata Laetare. Alla Messa si suona l'organo; gli ornamenti sono di color rosa; il Diacono riprende la dalmatica, e il Suddiacono la tunicella; nelle Cattedrali, il Vescovo assiste, ornato della mitra preziosa. O mirabile condiscendenza della Chiesa, che sa unire così bene la severità delle credenze alla graziosa poesia delle forme liturgiche! Entriamo nel suo spirito, e rallegriamoci in questo giorno per l'avvicinarsi del Signore. Domani, i nostri sospiri riprenderanno il loro corso; poiché, per quanto egli non debba tardare, non sarà ancora venuto.
La Stazione ha luogo nella Basilica di S. Pietro in Vaticano. Questo tempio augusto che ricopre la tomba del Principe degli Apostoli, è l'asilo universale del popolo cristiano; è quindi giusto che sia testimone delle gioie come delle tristezze della Chiesa.
L'Ufficio della notte comincia con un nuovo Invitatorio, che è un grido di letizia per la Chiesa; tutti i giorni, fino alla Vigilia di Natale, essa apre i Notturni con queste belle parole:
 
Il Signore è ormai vicino: venite, adoriamolo.
 
Prendiamo ora il libro del Profeta, e leggiamo con la santa Chiesa:
 
Lettura del Profeta Isaia
Fiducia in Dio, Egli umilia i superbi.
Allora si canterà questo cantico nella terra di Giuda:
Città forte è la nostra;
la salvezza vi ha messo mura e baluardo.
Aprite le porte, che vi entri il popolo giusto, mantenitore
della fede.
Gente di saldo cuore, conserverai la pace,
pace, perché in te è fiducia.
Abbiate fiducia nel Signore sempre, in perpetuo,
perché il Signore è rocca per secoli;
perché ha avvallati gli abitatori delle altezze,
la città sì elevata l'ha gettata giù,
l'ha gettata giù sino a terra,
l'ha rasa al suolo.
Ora la calpestano i piedi dei miseri
i passi dei tapini.
Il giusto aspetta il regno della giustizia e rimane fedele a Dio.
Piano è il cammino per il giusto,
il sentiero del giusto Tu livelli o Signore.
Sì, per la via dei tuoi giudizi noi Ti attendiamo,
al tuo Nome, al tuo ricordo va l'anelito dell'anima.
L'anima nostra a Te aspira di notte;
ancora al mattino il nostro cuore Ti ricerca.
(Is 26,1-9)
 
O santa Chiesa Romana, nostra roccaforte, eccoci raccolti entro le tue mura, attorno alla tomba di quel pescatore le cui ceneri ti proteggono sulla terra, mentre la sua immutabile dottrina ti illumina dall'alto del cielo. Ma se tu sei forte, è per il Signore che sta per venire. Egli è il tuo baluardo, poiché è lui che abbraccia tutti i tuoi figli nella sua misericordia; egli è la tua fortezza invincibile poiché per lui le potenze dell'inferno non prevarranno contro di te. Apri le tue porte, affinché tutti i popoli facciano ressa nella tua cinta: poiché tu sei la maestra della santità, la custode della verità. Possa l'antico errore che si oppone alla fede cessare presto, e la pace stendersi su tutto il gregge! O santa Chiesa Romana, tu hai riposto per sempre la tua speranza nel Signore; ed egli a sua volta, fedele alla promessa, ha umiliato davanti a te le alture superbe, le roccaforti dell'orgoglio. Dove sono i Cesari, che credettero di averti annegata nel tuo stesso sangue? Dove sono gli IMperatori che vollero attentare all'inviolabile verginità della tua fede? Dove i settari che ogni secolo, per così dire, ha visto accanirsi l'uno dopo l'altro intorno agli articoli della tua dottrina? Dove sono i prìncipi ingrati che tentarono di asservirti dopo che tu stessa li avevi innalzati? Dov'è l'Impero della Mezzaluna che tante volte ruggì contro di te, allorché, disarmata, ricacciavi lontano l'orgoglio delle sue conquiste? Dove sono i Riformatori che pretesero di costituire un Cristianesimo senza di te? Dove sono quei sofisti moderni, ai cui occhi non eri più che un fantasma impotente e tarlato? Dove saranno, fra un secolo, quei re tiranni della Chiesa, quei popoli che cercano la libertà fuori della verità?
Saranno passati con il rumore del torrente; e tu invece sarai sempre calma, sempre giovane, sempre senza rughe, o santa Chiesa Romana, assisa sulla pietra inamovibile. Il tuo cammino attraverso tanti secoli, sotto il sole che fuori di te illumina sole le variazioni dell'umanità. Donde ti viene questa solidità, se non da colui che è la Verità e la Giustizia? Gloria a lui in te! Ogni anno, egli ti visita; ogni anno, ti reca nuovi doni, per aiutarti a compiere il pellegrinaggio, e sino alla fine dei secoli, verrà sempre a visitarti, a rinnovarti, non solo mediante la potenza di quello sguardo con il quale rinnova Pietro, ma riempiendoti di se stesso, come riempì la Vergine gloriosa; l'oggetto del tuo più tenero amore, dopo quello che porti allo Sposo. Noi preghiamo con te, o Madre nostra, e diciamo: Vieni, Signore Gesù! Il tuo nome e il tuo ricordo sono il desiderio delle anime nostre; esse ti desiderano durante la notte, e i nostri intimi sospiri ti cercano.

Messa

Epistola: Fratres: Gaudéte in Dómino semper: íterum dico: gaudéte. Modéstia vestra nota sit ómnibus homínibus: Dóminus prope est. Nihil sollíciti sitis: sed in omni oratióne, et obsecratióne, cum gratiárum actióne, petitiónes vestræ innotéscant apud Deum. Et pax Dei, quæ exsúperat omnem sensum, custódiat corda vestra, et intellígentias vestras, in Christo Iesu Dómino nostro.
Fratelli, state sempre allegri nel Signore, lo ripeto, state allegri. La vostra modestia sia nota a tutti gli uomini: il Signore è vicino. Non vi affannate per niente, ma in ogni cosa siano le vostre petizioni presentate a Dio con preghiere e suppliche unite a rendimento di grazie. E la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodisca i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù Signor nostro. (Fil 4,4-7)
 
Dobbiamo dunque rallegrarci nel Signore, poiché il Profeta e l'Apostolo concordano nell'incoraggiare i nostri desideri verso il Signore: l'uno e l'altro ci annunciano la pace. Stiamo dunque tranquilli: Il Signore è vicino; è vicino alla sua Chiesa; è vicino a ciascuna delle nostre anime. Possiamo forse restare presso un fuoco così ardente, e rimanere freddi? Non le sentiamo forse venire, attraverso tutti gli ostacoli che la sua suprema elevazione, la nostra profonda bassezza e i nostri numerosi peccati gli suscitano? Egli supera tutto. Ancora un passo, e sarà in noi. Andiamogli incontro con le preghiere, le suppliche, i rendimenti di grazie di cui parla l'Apostolo. Raddoppiamo il fervore e lo zelo per unirci alla santa Chiesa, i cui sospiri verso colui che è la sua luce e il suo amore diventano ogni giorno più ardenti.
 
Vangelo: In illo témpore: Misérunt Iudæi ab Ierosólymis sacerdótes et levítas ad Ioánnem, ut interrogárent eum: Tu quis es? Et conféssus est, et non negávit, et conféssus est: Quia non sum ego Christus. Et interrogavérunt eum: Quid ergo? Elías es tu? Et dixit: Non sum. Prophéta es tu? Et respóndit: Non. Dixérunt ergo ei: Quis es, ut respónsum demus his, qui misérunt nos? Quid dicis de teípso? Ait: Ego vox clamántis in desérto: Dirígite viam Dómini, sicut díxit Isaías prophéta. Et qui missi fúerant, erant ex Pharisæis. Et interrogavérunt eum, et dixérunt ei: Quid ergo baptízas, si tu non es Christus, neque Elías, neque prophéta? Respóndit eis Ioánnes, dicens: Ego baptízo in aqua: médius áutem vestrum stetit, quem vos nescítis. Ipse est, qui post me ventúrus est, qui ante me factus est: cuius ego non sum dignus ut solvam eius corrígiam calceaménti. Hæc in Bethánia facta sunt trans Iordánem, ubi erat Ioánnes baptízans.
In quel tempo, i Giudei di Gerusalemme mandarono a Giovanni dei sacerdoti e dei leviti per domandargli: Tu chi sei? Ed egli confessò e non negò; e confessò: Non sono io il Cristo. Ed essi gli domandarono: Chi sei dunque? Sei Elia? Ed egli: No. Sei tu il profeta? No, rispose. Allora gli dissero: E chi sei, affinché possiamo rendere conto a chi ci ha mandati: che dici mai di te stesso? Rispose: Io sono la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come ha detto il profeta Isaia. Or quelli che erano stati inviati a lui erano dei Farisei; e l'interrogarono dicendo: Come dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta? Giovanni rispose loro: Io battezzo coll'acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete. Questi è colui che verrà dopo di me, ed a cui non son degno di sciogliere il legaccio dei calzari. Questo accadeva in Betania oltre il Giordano, dove Giovanni stava battezzando. (Gv 1,19-28)
 
In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete , dice san Giovanni Battista ai messi dei Giudei. Il Signore può dunque essere vicino; può anche essere venuto, e tuttavia rimanere ancora sconosciuto a molti. Questo divino Agnello è la consolazione del santo Precursore, il quale ritiene un grande onore l'essere la mera voce che grida agli uomini di preparare le vie del Redentore. San Giovanni è in questo il tipo della Chiesa e di tutte le anime che cercano Gesù Cristo. La sua gioia è completa per l'arrivo dello Sposo; ma è circondato da uomini per i quali il Divino Salvatore è come se non ci fosse. Ora, eccoci giunti alla terza domenica del sacro tempo dell'Avvento: sono scossi tutti i cuori alla voce del grande annunzio dell'arrivo del Messia? Quelli che non vogliono amarlo come Salvatore, pensano almeno a temerlo come Giudice? Le vie storte si raddrizzano? Le colline pensano ad abbassarsi? La cupidigia e la sensualità sono state seriamente attaccate nel cuore dei cristiani? Il tempo stringe: Il Signore è vicino! Se queste righe cadessero sotto gli occhi di qualcuno di quelli che dormono invece di vegliare nell'attesa del divino Bambino, lo scongiureremmo di aprire gli occhi e di non aspettare oltre a rendersi degno d'una visita che sarà per lui, nel tempo, l'oggetto d'una grande consolazione, e che lo rassicurerà contro tutti i terrori dell'ultimo giorno. O Gesù, manda la tua grazia con maggiore abbondanza; costringili ad entrare, affinché non sia detto del popolo cristiano quello che san Giovanni diceva della Sinagoga: In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete.
 
Orazione: Áurem tuam, quæsumus, Dómine, précibus nostris accómmoda: et mentis nostræ ténebras, grátia tuæ visitatiónis illústra.
Deh, Signore, volgi il tuo orecchio alle nostre preghiere e con la grazia della sua venuta rischiara le tenebre della nostra mente.

lunedì 6 dicembre 2010

Preparatio ad Missam: Immacolata Concezione



Immacolata Concezione della Santissima Vergine

La festa dell'Immacolata Concezione della Santa Vergine è la più solenne di tutte quelle che la Chiesa celebra nel sacro tempo dell'Avvento; e se è necessario che la prima parte dell'anno presenti la commemorazione di qualcuno dei misteri di Maria, non ve n'è alcuno il cui oggetto possa offrire più commoventi armonie con le pie preoccupazioni della Chiesa in questa mistica stagione della attesa. Celebriamo dunque con gioia questa solennità, poiché la Concezione di Maria presagisce la prossima Nascita di Gesù.

L'intenzione della Chiesa, in questa festa, non è solo di celebrare l'anniversario dell'istante in cui ha inizio, nel seno della pia Anna, la vita della gloriosissima Vergine Maria; ma anche di onorare il sublime privilegio in virtù del quale Maria è stata preservata dal peccato originale che, per decreto supremo ed universale, tutti i figli di Adamo contraggono nell'istante stesso in cui sono concepiti nel seno delle loro madri. La fede della Chiesa cattolica che fu solennemente riconosciuta come rivelata da Dio stesso il giorno per sempre memorabile dell'8 dicembre 1854, questa fede proclamata dalla Sede apostolica per bocca di Pio IX, tra le acclamazioni di tutta la cristianità, ci insegna che nell'istante in cui Dio ha unito l'anima di Maria, che era stata appena creata, al corpo che essa doveva animare, quell'anima per sempre benedetta non solo non ha contratto la bruttura che invade in quel momento ogni anima umana, ma è stata riempita d'una grazia immensa che l'ha resa, fin da quell'istante, lo specchio della santità di Dio stesso, nella misura che è possibile per un essere creato.

Questa sospensione della legge emessa dalla giustizia divina contro tutta la posterità dei nostri progenitori era motivata dal rispetto che Dio ha per la sua stessa santità. I rapporti che Maria doveva avere con la divinità, essendo non soltanto la Figlia del Padre celeste, ma chiamata a divenire la stessa Madre del Figlio e il Santuario ineffabile dello Spirito Santo, questi rapporti esigevano che nulla di immondo vi fosse, anche per un solo istante, nella creatura predestinata a così intime relazioni con l'adorabile Trinità; che nessun'ombra avesse mai oscurato in Maria la purezza perfetta che Dio sommamente santo vuol trovare anche negli esseri che chiama a godere in cielo della sua semplice visione; in una parola, come dice il grande Dottore sant'Anselmo: "Era giusto che fosse ornata d'una purezza superiore alla quale non se può concepire una maggiore se non quella di Dio stesso, questa vergine a cui Dio Padre doveva dare il Figlio suo in un modo tanto speciale, in quanto quel Figlio sarebbe divenuto per natura il Figlio comune ed unico di Dio e della Vergine; questa Vergine che il Figlio doveva eleggere per farne sostanzialmente la Madre sua, e nel seno della quale lo Spirito Santo voleva operare la concezione e la nascita di Colui dal quale egli stesso procedeva" (De Conceptu Virginali, cap. xviii).

Nello stesso tempo, le relazioni che il figlio di Dio doveva contrarre con Maria, relazioni ineffabili di tenerezza e di rispetto filiale, essendo state eternamente presenti al suo pensiero, obbligano a concludere che il Verbo divino ha provato per quella Madre che doveva avere nel tempo, un amore di natura infinitamente superiore a quello che provava per tutti gli esseri creati dalla sua potenza. L'onore di Maria gli è stato caro sopra ogni cosa, perché doveva essere la Madre sua, e lo era già nei suoi eterni e misericordiosi disegni. L'amore del Figlio ha dunque protetto la Madre; e se quest'ultima, nella sua sublime umiltà, non ha respinto alcuna delle condizioni alle quali sono sottomesse tutte le creature di Dio, alcuna delle esigenze stesse della legge di Mosè che non era stata emessa per lei, la mano del Figlio divino ha annullato per essa l'umiliante barriera che trattiene ogni figlio di Adamo che viene in questo mondo e gli chiude il sentiero della luce e della grazia, fino a quando non sia stato rigenerato in una nuova nascita.

Il Padre celeste non poteva fare per la nuova Eva meno di quanto aveva fatto per l'antica, la quale fu costituita fin da principio, al pari del primo uomo, nello stato di santità originale in cui non seppe mantenersi. Il Figlio di Dio non poteva soffrire che la donna dalla quale avrebbe attinto la sua natura umana avesse alcunché da invidiare a colei che era stata la madre di prevaricazione. Lo Spirito Santo, che doveva coprirla con la sua ombra e renderla feconda con la sua divina operazione, non poteva permettere che la sua Diletta fosse anche per un solo istante intaccata dalla vergognosa macchia nella quale noi siamo concepiti. La sentenza è universale, ma una madre di Dio doveva esserne esente. Dio autore della legge, Dio che ha posto liberamente tale legge, non era padrone forse di esentarne colei che aveva destinata ad esserle unita in tanti modi? Lo poteva, e lo doveva: quindi l'ha fatto.

Non era forse questa gloriosa eccezione che egli stesso annunciava nel momento in cui comparvero dinanzi alla sua maestà offesa i due prevaricatori dai quali noi siamo usciti? La promessa misericordiosa discendeva su noi nell'anatema che cadeva sul serpente: "Porrò io stesso - diceva Dio - una inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e il suo frutto; ed essa ti schiaccerà il capo". Così era annunciata la salvezza alla famiglia umana sotto la forma di una vittoria contro Satana; e questa vittoria è la Donna che doveva riportarla per tutti noi. E non si dica che sarà solo il figlio della donna a riportare tale vittoria: il Signore ci dice che l'inimicizia della donna contro il serpente sarà personale, e che, con il suo piede vittorioso, essa schiaccerà il capo dell'odioso rettile; in una parola, che la nuova Eva sarà degna del nuovo Adamo, vittoriosa come lui; che la stirpe umana un giorno sarà vendicata, non solo dal Dio fatto uomo, ma anche dalla Donna miracolosamente sottratta ad ogni contagio del peccato; di modo che la creazione primigenia nella santità e nella giustizia (Ef 4,24) riapparirà in essa, come se non fosse stata commessa la prima colpa. Rialzate dunque il capo, figli di Adamo, e scuotete le vostre catene. Oggi l'umiliazione che pesava su di voi è annientata. Ecco che Maria la quale è vostra carne e vostro sangue, ha visto retrocedere davanti a sé il torrente del peccato che trascina tutte le generazioni: l'alito del drago infernale si è distolto per non contaminarla; la primiera dignità della vostra origine è in essa ristabilita. Salutate dunque questo giorno benedetto in cui è rinnovata la primitiva durezza del vostro sangue: è apparsa la nuova Eva; e dal suo sangue che è anche il vostro, salvo il peccato, essa vi darà tra poche ore, il Dio-uomo che procede da lei secondo la carne come viene dal Padre suo per eterna generazione.

E come potremmo non ammirare la purezza incomparabile di Maria nella sua immacolata concezione, quando sentiamo, nel divino Cantico, lo stesso Dio, che così l'ha preparata per essere la Madre sua, dirle con l'accento d'una compiacenza piena d'amore: "Sei tutta bella, o mia diletta, e in te non vi è alcuna macchia" (Ct 4,7)? È il Dio di ogni santità che parla; il suo occhio che tutto penetra non scopre in Maria alcuna traccia, alcuna cicatrice di peccato; ecco perché si compiace in lei e la felicita del dono che si è degnato di farle. Dopo di ciò stupiremo ancora che Gabriele, disceso dal cielo per recarle il divino messaggio, sia preso d'ammirazione alla vista di quella purezza della quale il punto di partenza è stato tanto glorioso, e i progressi senza limiti? Che si inchini profondamente dinanzi a simile meraviglia e dica: "Ave, Maria, piena di grazia"? Gabriele vive la sua vita immortale al centro di tutte le bellezze della creazione, di tutte le ricchezze del cielo; è il fratello dei Cherubini e dei Serafini, dei Troni e delle Dominazioni; il suo sguardo percorre senza posa le nove gerarchie angeliche dove la luce e la santità risplendono sovranamente, aumentando sempre di grado in grado; ma ecco che ha trovato sulla terra, in una creatura di rango inferiore agli Angeli, la pienezza della grazia, di quella grazia che è stata data solo limitatamente agli Spiriti celesti, e che abita in Maria fin dal primo istante della sua creazione. È la futura Madre di Dio sempre santa, sempre pura, sempre immacolata.

Questa verità rivelata agli Apostoli dal divin Figlio di Maria, ricevuta dalla Chiesa, insegnata dai santi Dottori, creduta con fedeltà sempre maggiore dal popolo cristiano, era contenuta nella nozione stessa di Madre di Dio. Credere Maria Madre di Dio significava già credere implicitamente che colei in cui doveva realizzarsi questo titolo sublime non aveva avuto mai nulla di comune con il peccato, e che Dio l'avrebbe in ogni modo preservata. Ma d'ora in poi l'onore di Maria è fondato sulla sentenza esplicita che ha dettato lo Spirito Santo. Pietro ha parlato per bocca di Pio IX; e quando Pietro ha parlato, ogni fedele deve credere, poiché il Figlio di Dio ha detto: "Ho pregato per te, o Pietro, perché non venga meno la tua fede" (Lc 22,32); e ha detto ancora: "Vi manderò lo Spirito di verità che rimarrà con voi per sempre, e vi farà ricordare tutto ciò che vi ho insegnato" (Gv 14,26).

Il simbolo della nostra fede ha dunque acquistato non una nuova verità, ma una nuova luce sulla verità, che era già in precedenza oggetto della credenza universale. In questo giorno, il serpente infernale ha sentito di nuovo la vittoriosa pressione del piede della Vergine Madre e il Signore si è degnato di darci il pegno più prezioso delle sue misericordie. Egli ama ancora questa terra colpevole, poiché si è degnato di illuminarla tutta con uno dei più bei raggi della gloria della Madre sua. Non ha forse trasalito questa terra? Qualche cosa di grande si compì in questa metà del XIX secolo, e attenderemo d'ora innanzi i tempi con maggiore fiducia, poiché, se lo Spirito Santo ci avverte di temere per i giorni in cui le verità diminuiscono presso i figli degli uomini, ci dice abbastanza chiaramente con ciò che dobbiamo considerare come beati i giorni in cui le verità aumentano per noi in luce e in autorità.

Nell'attesa della solenne proclamazione di questo dogma, la santa Chiesa lo confessava già ogni anno celebrando la festa di oggi.

Tale festa non era chiamata, è vero, l'Immacolata Concezione, ma semplicemente la Concezione di Maria. Tuttavia, il fatto della sua istituzione e della sua celebrazione esprimeva già abbastanza la credenza della cristianità. San Bernardo e il Dottore Angelico concordano nell'insegnare che la Chiesa non può celebrare la festa di ciò che non è santo; la Concezione di Maria fu dunque santa ed immacolata, perché la Chiesa, da tanti secoli, l'onora con una festa speciale. La Natività di Maria è oggetto d'una solennità nella Chiesa, perché Maria nacque piena di grazia; se dunque il primo istante della sua esistenza fosse stato segnato dal comune contagio, la sua Concezione non avrebbe potuto essere oggetto d'un culto. Ora, vi sono poche feste così universali e meglio stabilite nella Chiesa di quella che celebriamo oggi.

Come potrebbero gli uomini non porre tutta la loro gioia nell'onorarti, o divina aurora del Sole di giustizia? Non rechi forse ad essi, in questi giorni, la notizia della loro salvezza? Non sei forse, o Maria, quella radiosa speranza che viene d'un tratto a brillare nel seno stesso dell'abisso della desolazione? Che cosa saremmo diventati senza il Cristo che viene a salvarci? e tu sei la sua Madre sempre diletta, la più santa delle creature di Dio, la più pura delle vergini, la più amante delle madri!

O Maria, che la tua dolce luce allieti deliziosamente i nostri occhi stanchi! Di generazione in generazione, gli uomini si succedevano sulla terra; guardavano il cielo con inquietudine, sperando ad ogni istante di veder spuntare all'orizzonte l'astro che avrebbe dovuto strapparli all'errore delle tenebre; ma la morte aveva chiuso i loro occhi, prima che avessero anche solo potuto intravvedere l'oggetto dei loro desideri. Era riserbato a noi di vederti ascendere radiosa, o Stella splendente del mattino, i cui raggi benedetti si riflettono sulle onde del mare, e gli arrecano la calma dopo una notte di tempesta! Oh, prepara i nostri occhi a contemplare lo splendore vittorioso del sole divino che s'avanza dietro a te! Prepara i nostri cuori, poiché è ai nostri cuori che egli vuol rivelarsi. Ma per meritare di vederlo, i nostri cuori bisogna che siano puri; preparali dunque tu che sei la Immacolata e la Purissima! Fra tutte le feste che la Chiesa ha consacrate in tuo onore, la divina Sapienza ha voluto che quella della tua Concezione immacolata si celebrasse in questi giorni dell'Avvento, affinché i figli della Chiesa, pensando con quale divina gelosia il Signore ha preso cura di allontanare da te ogni contatto di peccato, in onore di Colui del quale dovevi essere la Madre, si preparassero anch'essi a riceverlo con la rinuncia assoluta a tutto ciò che è peccato e affetto al peccato. Aiutaci, o Maria, ad operare questo grande cambiamento. Distruggi in noi, con la tua Concezione Immacolata, le radici della cupidigia, spegni le fiamme della voluttà, abbassa le alture della superbia. Ricordati che Dio ti ha scelta come sua abitazione per venire quindi a porre la sua dimora in ciascuno di noi.

O Maria, Arca dell'alleanza formata di legno incorruttibile, rivestita del più puro oro, aiutaci a corrispondere ai disegni ineffabili del Dio che, dopo essersi glorificato nella tua incomparabile purezza, vuole ora glorificarsi nella nostra indegnità, e non ci ha strappati al demonio che per fare di noi il suo tempio e la sua più diletta dimora. Vieni in nostro aiuto tu che, per la misericordia del Figlio tuo, non hai mai conosciuto il peccato, e ricevi in questo giorno i nostri omaggi. Poiché tu sei l'Arca di Salvezza che galleggia sola sulle acque del diluvio universale; il bianco Vello bagnato di celeste rugiada mentre tutta la terra rimane nella siccità; la Fiamma che le acque immani non hanno potuto spegnere; il Giglio che fiorisce fra le spine; il Giardino chiuso al serpente infernale; la Fonte sigillata, la cui limpidezza non fu mai intorbidata; la Casa del Signore sulla quale i suoi occhi si sono sempre posati e nella quale non può entrare nulla di immondo; la mistica città di cui si narrano tante meraviglie (Sal 86). Noi troviamo gusto nel ripetere i tuoi titoli d'onore, o Maria, poiché ti amiamo, e la gloria della Madre è anche dei figli. Continua a benedire e a proteggere coloro che onorano il tuo augusto privilegio nel giorno della tua concezione; e affrettati a nascere, a concepire l'Emmanuele, a darlo alla luce e a mostrarlo al nostro amore.

Epistola: Dóminus possédit me in inítio viárum suárum, ántequam quidquam fáceret a princípio. Ab ætérno ordináta sum, et ex antíquis, ántequam terra fíeret. Nondum erant abyssi, et ego iam concépta eram: necdum fontes aquárum erúperant: necdum montes gravi mole constíterant: ante colles ego parturiébar: adhuc terram non fécerat, et flúmina et cárdines orbis terræ. Quando præparábat coelos, áderam: quando certa lege et gyro vallábat abyssos: quando ǽthera firmábat sursum, et librábat fontes aquárum: quando circúmdabat mari términum suum, et legem ponébat aquis, ne transírent fines suos: quando appendébat fundaménta terræ. Cum eo eram cuncta compónens et delectábar per síngulos dies, ludens coram eo omni témpore: ludens in orbe terrárum: et delíciæ meæ esse cum fíliis hóminum. Nunc ergo, fílii, audíte me: Beáti qui custódiunt vias meas. Audíte disciplínam, et estóte sapiéntes, et nolíte abiícere eam. Beátus homo, qui áudit me, et qui vígilat ad fores meas quotídie, et obsérvat ad postes óstii mei. Qui me invénerit, invéniet vitam, et háuriet salútem a Dómino.

A Il Signore mi possedette all'inizio delle sue opere, fin da principio, avanti la creazione. Ab aeterno fui stabilita, al principio, avanti che fosse fatta la terra: non erano ancora gli abissi ed io ero già concepita. Non ancora le sorgenti delle acque rigurgitavano, non ancora le montagne s'eran formate sulla grave mole. Prima delle colline io ero partorita. Egli non aveva fatto ancora né la terra, né i fiumi, né i cardini del mondo. Quando preparava i cieli io ero presente, quando con legge inviolabile chiuse sotto la volta l'abisso, quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando fissava al mare i suoi confini e dava legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fondamenti della terra io ero con lui a ordinare tutte le cose. Sempre nella gioia scherzavo dinanzi a lui continuamente, scherzavo nell'universo: è mia delizia stare coi figli degli uomini. Or dunque, o figli, ascoltatemi: Beati quelli che battono le mie vie. Ascoltate i miei avvisi per diventare saggi, non li ricusate. Beato l'uomo che mi ascolta e veglia ogni giorno alla mia porta, ed aspetta all'ingresso della mia casa. Chi troverà me avrà trovata la vita, e riceverà dal Signore la salute. (Pr 8,22-35)

L'Apostolo ci insegna che Gesù, il nostro Emmanuele, è il primogenito di ogni creatura (Col 1,15). Queste profonde parole significano che egli è, in quanto Dio, eternamente generato dal Padre; ma esprimono inoltre che il Verbo divino, in quanto uomo, è anteriore a tutti gli esseri creati. Tuttavia questo mondo era uscito dal nulla e il genere umano abitava questa terra da lunghi secoli quando il Figlio di Dio si unì ad una natura creata. È dunque nell'eterna intenzione di Dio, e non nell'ordine dei tempi che bisogna cercare questa anteriorità dell'Uomo-Dio su ogni creatura. L'Onnipotente ha innanzitutto risoluto di dare al suo eterno Figlio una natura creata, la natura umana, e in seguito a una tale risoluzione, di creare perché fossero il dominio di quell'Uomo-Dio tutti gli esseri spirituali e corporali. Ecco perché la divina Sapienza, il Figlio di Dio, nel brano della scrittura che la Chiesa ci presenta oggi e che abbiamo or ora letto, insiste sulla sua preesistenza rispetto a tutte le creature che formano questo mondo. Come Dio, egli è generato da tutta l'eternità nel seno del Padre suo; come uomo, era nel pensiero di Dio il tipo di tutte le creature, prima che esse fossero uscite dal nulla. Ma il figlio di Dio, per essere un uomo come noi secondo il decreto divino, doveva nascere nel tempo, e nascere da una Madre: questa Madre è stata dunque eternamente presente al pensiero di Dio come il mezzo con il quale il Verbo assumeva la natura umana. Il Figlio e la Madre sono dunque uniti nello stesso piano dell'Incarnazione; Maria era dunque presente come Gesù nel decreto divino, prima che la creazione uscisse dal nulla. Ecco, perché, fin dai primi tempi del cristianesimo, la santa Chiesa ha riconosciuto la voce della Madre unita a quella del Figlio in questo sublime passo del libro sacro, ed ha voluto che si leggesse nell'assemblea dei fedeli, come gli altri passi analoghi della Scrittura, nelle solennità della Madre di Dio. Ma se Maria ha un'importanza tale nel piano eterno; se, come il Figlio suo, è in quel senso prima di ogni creatura, poteva Dio permettere che fosse soggetta al contagio originale nel quale incorre tutta la specie umana? Senza dubbio essa sarebbe nata a sua volta, come pure il Figlio, in un tempo determinato; ma la grazia avrebbe deviato il corso del torrente che trascina tutti gli uomini, affinché non fosse neanche toccata e trasmettesse al Figlio suo, che doveva essere ancora il Figlio di Dio, l'essere umano primogenito che fu creato nella santità e nella giustizia.

Vangelo: In illo témpore: Missus est Ángelus Gábriel a Deo in civitátem Galilǽæ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Ióseph, de domo David, et nomen Vírginis Maria. Et ingréssus Ángelus ad eam dixit: Ave, grátia plena: Dóminus tecum: Benedícta tu in muliéribus.

In quel tempo: l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea detta Nazareth, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrata da lei, l'Angelo disse: Salute, o piena di grazia: il Signore è teco! Benedetta tu fra le donne! (Lc 1,26-28)

Questo è il saluto che reca a Maria l'Arcangelo disceso dal cielo. Tutto vi spira ammirazione e umilissimo rispetto. Il santo Vangelo ci dice che a quelle parole la Vergine si sentì turbata, e chiedeva a se stessa che cosa potesse significare simile saluto. Le Sacre Scritture ne riportano parecchi altri e - come notano i Padri, sant'Ambrogio e sant'Andrea di Creta seguendo Origene - che non ve n'è uno che contenga simili elogi. La Vergine prudente dové dunque stupire di essere l'oggetto di un linguaggio così lusinghiero, e - come rilevano gli autori dell'antichità - dové pensare al colloquio fra Eva e il serpente. Si chiuse dunque nel silenzio, e attese, per rispondere se l'Arcangelo avesse parlato per la seconda volta.

Tuttavia Gabriele aveva parlato non solo con tutta l'eloquenza, ma anche con tutta la profondità di uno spirito celeste iniziato ai pensieri divini; e nel suo linguaggio sovrumano annunciava che era giunto il momento in cui Eva si trasformava in Maria. Davanti a lui c'era una donna destinata alle più sublimi grandezze, la futura Madre di Dio; ma in quell'istante solenne Maria era ancora solo una figlia degli uomini. Ora, in quel primo stato, calcolate la santità di Maria quale la descrive Gabriele, e comprenderete che l'oracolo divino del paradiso terrestre ha già ricevuto in essa il compimento.

L'Arcangelo la proclama piena di grazia. Che cosa significa ciò, se non che la seconda donna possiede in sé l'elemento di cui il peccato privò la prima? E notate che non è detto solo che opera in essa la grazia divina ma che ne è ripiena. "In altri abita la grazia - dice san Pier Crisologo - ma in Maria abita la pienezza della grazia". In essa tutto risplende della purezza divina, e il peccato non ha mai gettato la sua ombra sulla sua bellezza. Volete conoscere la portata dell'espressione angelica? Chiedetela alla lingua stessa di cui si è servito il narratore di simile scena. I grammatici ci insegnano che l'unico termine che egli usa sorpassa ancora quello che noi esprimiamo con "piena di grazia". Non solo esprime lo stato presente, ma anche il passato, una incorporazione innata della grazia, la sua attribuzione piena e completa e la sua permanenza totale. È stato necessario mitigare il termine nel tradurlo.

Se poi cerchiamo un testo analogo nelle Scritture, per penetrare i termini della traduzione mediante un raffronto, possiamo interrogare l'Evangelista san Giovanni. Parlando dell'umanità del Verbo incarnato, egli la designa con una parola sola: dice che è "piena di grazia e di verità". Ma questa pienezza sarebbe reale se fosse stata precduta da un solo momento in cui il peccato occupava il posto della grazia? Si chiamerà forse pieno di grazia chi avesse avuto bisogno di essere purificato? Senza dubbio bisogna tener conto rispettosamente della distanza che separa l'umanità del Verbo incarnato dalla persona di Maria nel cui seno il Figlio di Dio ha attinto quella umanità; ma il testo sacro ci costringe a confessare che la pienezza della grazia ha regnato proporzionalmente nell'una e nell'altro.

Gabriele continua ad enumerare le ricchezze soprannaturali di Maria. "Il Signore è con te", le dice. Che cosa significa questo, se non che prima di aver concepito il Signore nel suo purissimo seno, Maria lo possiede già nell'anima sua? Ora, queste parole potrebbero forse ancora aver ragione di essere se si dovesse intendere che quella unione con Dio non è stata perpetua e che è avvenuta solo dopo l'espulsione del peccato? Chi oserebbe dirlo? Chi oserebbe pensarlo, quando il linguaggio dell'Arcangelo è di tanta gravità? Chi non sente qui il contrasto tra Eva nella quale non abita più il Signore, e la seconda donna che, avendolo ricevuto in se stessa come Eva, fin dal primo istante della sua esistenza, l'ha custodito con la sua fedeltà essendo rimasta così come fu fin dal principio?

Per ancor meglio l'intenzione del discorso di Gabriele che ha annunciato il compimento dell'oracolo divino e indica qui la donna promessa come strumento della vittoria su satana, ascoltiamo le ultime parole del saluto. "Tu sei benedetta fra le donne": che cosa significa questo, se non che, essendo stata ogni donna, da Eva in poi, sotto la maledizione, condannata a partorire nel dolore, ecco ora l'unica, colei che è sempre stata nella benedizione, che è stata l'eterna nemica del serpente, e che darà senza dolore il frutto del suo seno? L'Immacolata Concezione di Maria è dunque espressa nel saluto che le rivolge Gabriele; e comprendiamo ora il motivo che ha portato la santa Chiesa a scegliere quel brano del Vangelo per farlo leggere oggi nell'assemblea dei fedeli.

Orazione: Deus, qui per Immaculátam Vírginis Conceptiónem dignum Fílio tuo habitáculum preparásti: quǽsumus: ut, qui ex morte eiúsdem Fílii tui prævísa, eam ab omni labe præservásti, nos quoque mundos eius intercessióne ad te perveníre concédas.

O Dio, che mediante l’Immacolata Concezione della Vergine preparasti al Figlio tuo una degna dimora: Ti preghiamo: come, in previsione della morte del tuo stesso Figlio, preservasti lei da ogni macchia, cosí concedi anche a noi, per sua intercessione, di giungere a Te purificati.

venerdì 3 dicembre 2010

Meditazione mariana

Come sussidi alla Novena della Festa dell'Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria, in cui ci troviamo, oltre alla musica che potete ora ascoltare, ovvero una versione polifonica di Giovanni Battista da Palestrina della nota Antifona d'Avvento e Natale "Alma Redemptoris Mater", proproniamo un passo di uno dei testi senza dubbio più belli della Cattolicità: il capitolo decimo della parte seconda de' "Le glorie di Maria" di Sant'Alfonso Maria de' Liguori.
In questa parte l'autore commenta la "Salve Regina", un'altra delle quattro Antiphonae majores alla Beata Vergine, e quello che trovate è in particolare il commento all'ultimo inciso...


CAPITOLO X

O DOLCE VERGINE MARIA

Quanto è dolce in vita e in morte il nome di Maria

Il nome augusto di Maria dato alla divina Madre non fu trovato sulla terra né inventato dalla mente o dalla fantasia degli uomini, come avviene per tutti gli altri nomi, ma scese dal cielo e fu imposto per ordine divino, come attestano san Girolamo, sant'Epifanio, sant'Antonino e altri. «Il nome di Maria, dice Riccardo di san Lorenzo, è stato tratto dal tesoro della Divinità». «O Maria, tutta la Trinità ti diede tale nome, superiore a ogni nome dopo quello del Figlio tuo» e lo arricchì di tanta maestà e potenza che «al proferirsi del tuo nome volle che tutti prostrati lo venerassero, il cielo, la terra e l'inferno». Tra gli altri pregi che il Signore ha dato al nome di Maria, vediamo ora quanto lo ha reso dolce ai servi di questa santa Regina, così in vita come in morte.

Anzitutto, parlando del tempo della vita, il santo anacoreta Onorio diceva che il nome di Maria è pieno di ogni dolcezza divina. Sant'Antonio da Padova trovava nel nome di Maria le stesse dolcezze che san Bernardo trovava nel nome di Gesù. «Il nome di Gesù», diceva san Bernardo; «Il nome di Maria», riprendeva sant'Antonio, «è gioia per il cuore, miele per la bocca, melodia per l'orecchio» dei suoi devoti. Il venerabile Giovenale Ancina, vescovo di Saluzzo, come è scritto nella sua Vita, nel nominare Maria gustava una dolcezza sensibile così grande, che «si lambiva le labbra». Allo stesso modo, leggiamo che una donna di Colonia disse al vescovo Marsilio che ogni volta che pronunziava il nome di Maria sentiva nella bocca un sapore più dolce del miele. Marsilio seguì la stessa pratica e provò anch'egli quella dolcezza. Il Cantico dei Cantici fa pensare che al momento dell'assunzione della Vergine gli angeli chiesero tre volte il suo nome: «Chi è costei che sale dal deserto come colonna di fumo?» (Ct 3,6). «Chi è costei che sorge come l'aurora?» (Ct 6,10). «Chi è costei che sale dal deserto ricolma di delizie?» (Ct 8,5 Vulg.). Riccardo di san Lorenzo domanda: perché gli angeli chiedono tante volte il nome di questa Regina? E risponde che anche per gli angeli era così dolce sentir risuonare il nome di Maria e che perciò fanno tante domande.

Ma io non parlo qui della dolcezza sensibile, che non è concessa comunemente a tutti. Parlo della salutare dolcezza di conforto, di amore, di letizia, di fiducia e di forza che il nome di Maria dà comunemente a quelli che lo pronunziano con devozione. Dice l'abate Francone: «Dopo il nome di Gesù, il nome di Maria è così ricco di beni, che sulla terra e nel cielo non risuona altro nome da cui le anime devote ricevano tanta grazia, tanta speranza, tanta dolcezza. Infatti il nome di Maria racchiude in sé un certo che di ammirabile, di dolce e di divino che quando risuona nei cuori amici, esala in essi un odore di santa soavità. E la meraviglia di questo nome è che, udito mille volte dai devoti di Maria, si ascolta sempre come nuovo», perché essi provano sempre la stessa dolcezza nel sentirlo.

Parlando anch'egli di questa dolcezza, il beato Enrico Suso diceva che nel nominare Maria si sentiva talmente riempito di fiducia e così gioiosamente acceso d'amore, che tra la gioia e le lacrime fra cui pronunziava l'amato nome, desiderava che il cuore gli balzasse dal petto fuori della bocca e affermava che quel dolce nome si liquefaceva come un favo di miele nel fondo della sua anima. Perciò esclamava: «O nome tanto soave! Quale sarai tu stessa, Maria, se il tuo solo nome è così amabile e pieno di grazia?».

Rivolto alla sua buona Madre, san Bernardo con amore e tenerezza le dice: «O grande, o pia, degna di ogni lode, santa Vergine Maria, il tuo nome è così dolce e amabile che non può essere pronunziato da nessuno senza infiammarlo d'amore verso di te e verso Dio. Anzi, basta che si presenti al pensiero di quelli che ti amano per consolarli e accenderli sempre più del tuo amore». Se le ricchezze consolano i poveri alleviando le loro miserie, «molto meglio delle ricchezze il nome di Maria ci solleva dalle angustie della vita presente», dice Riccardo di san Lorenzo.

Insomma «il tuo nome, o Madre di Dio, è tutto pieno di grazie e di benedizioni divine», esclama san Metodio. Di conseguenza, attesta san Bonaventura, «il tuo nome non può essere pronunziato senza che apporti qualche grazia a chi devotamente lo nomina». «O dolce Vergine Maria, dice l'Idiota, la virtù del tuo nome è tale, che se viene pronunziato anche dal cuore più indurito, più disperato, mirabilmente scioglierà la sua durezza. Tu conforti i peccatori con la speranza del perdono e della grazia». «Maria, esclama sant'Ambrogio, il tuo nome è un unguento odoroso che diffonde il profumo della grazia divina. Discenda nell'intimo delle anime nostre questo unguento di salvezza». Signora, vuol dire il santo, fa' che noi ci ricordiamo spesso di pronunziare il tuo nome con amore e fiducia, perché è questo il segno che si possiede già la grazia divina oppure è caparra di poter presto ricuperarla.

Sì, poiché «il ricordarsi del tuo nome, o Maria, consola gli afflitti, rimette sulla via della salvezza gli erranti e conforta i peccatori perché non si abbandonino alla disperazione», dice Landolfo di Sassonia. Il padre Pelbarto aggiunge: «Come Gesù Cristo con le sue cinque piaghe ha apportato al mondo il rimedio dei suoi mali, così Maria con il suo solo nome, che è composto di cinque lettere, concede ogni giorno il perdono ai peccatori». Perciò nel Cantico dei Cantici il nome di Maria è paragonato all'olio: «Olio versato è il tuo nome» (Ct 1,3 Vulg.). Il beato Alano commenta: «Come l'olio guarisce gli infermi, sparge odore e accende la fiamma, così il nome di Maria guarisce i peccatori, ricrea i cuori e li infiamma di amore divino». Riccardo di san Lorenzo esorta quindi i peccatori a ricorrere a questo augusto nome che basterà da solo a guarirli da tutti i loro mali, dicendo che non vi è infermità, per quanto grave, che non ceda subito alla forza del nome di Maria.

Al contrario i demoni, afferma Tommaso da Kempis, temono a tal punto la Regina del cielo, che appena udito il suo nome, fuggono come dal fuoco che brucia. La beata Vergine stessa rivelò a santa Brigida: «Non vi è in questa vita nessun peccatore così freddo nell'amore di Dio, che se invocherà il mio nome con il proposito di convertirsi, il demonio non si allontani subito da lui». E un'altra volta le disse: «Tutti i demoni venerano e temono talmente questo nome, che, appena lo odono, subito liberano l'anima dalle unghie con cui la tenevano prigioniera».

Come gli angeli ribelli si allontanano dai peccatori che invocano il nome di Maria, così gli angeli buoni si avvicinano maggiormente alle anime giuste che lo pronunziano devotamente. È quel che la Vergine rivelò a santa Brigida.

San Germano afferma che come il respiro è segno di vita, così il nominare spesso il nome di Maria è segno o che già si vive nella grazia divina o che presto verrà la vita, poiché questo nome potente ha la virtù di ottenere l'aiuto e la vita a chi devotamente l'invoca. Insomma, aggiunge Riccardo di san Lorenzo, «il nome di Maria è come una torre fortissima. Il peccatore che vi si rifugia sarà liberato dalla morte. Questa torre celeste difende e salva tutti i peccatori, anche i più perduti».

Torre di fortezza che non solo libera i peccatori dal castigo, ma difende anche i giusti dagli assalti dell'inferno. «Dopo il nome di Gesù, continua Riccardo, non vi è altro nome in cui si trovi tanto aiuto, da cui venga concessa tanta salvezza agli uomini, quanto dal nome di Maria». Tutti sanno e i devoti di Maria sperimentano ogni giorno che il suo nome augusto dà la forza specialmente di vincere le tentazioni contro la castità. «Il nome della vergine era Maria» (Lc 1,27). Riflettendo su queste parole di san Luca, Riccardo di san Lorenzo osserva che i due nomi: Maria e Vergine sono accostati dall'evangelista affinché comprendiamo che il nome di questa purissima Vergine non deve mai essere separato dalla castità. Perciò san Pier Crisologo afferma che «il nome di Maria è indizio di castità», volendo dire che chi nel dubbio di aver peccato si ricorda di aver invocato il nome di Maria, ha una prova certa di non aver offeso la castità.

Quindi seguiamo sempre il bel consiglio di san Bernardo: «Nei pericoli, nelle angosce, nei dubbi, pensa a Maria, invoca Maria. Non si allontani dalle tue labbra, non si allontani dal tuo cuore»: in tutti i pericoli di perdere la grazia divina, pensiamo a Maria, invochiamo Maria insieme al nome di Gesù, poiché questi due nomi sono sempre uniti. Che questi due nomi tanto dolci e potenti non si allontanino mai né dal nostro cuore né dalle nostre labbra, poiché ci daranno la forza per non cedere e per vincere sempre tutte le tentazioni. Quanto sono belle le grazie che Gesù Cristo ha promesso ai devoti del nome di Maria! Egli stesso lo fece comprendere a santa Brigida parlando con la sua santa Madre: «Chiunque invocherà il tuo nome con fiducia e con il proposito di convertirsi, riceverà tre grazie singolari: un perfetto dolore dei suoi peccati, la loro soddisfazione, la forza per giungere alla perfezione e per di più la gloria del paradiso. Perché le tue parole sono per me così dolci e così care, che non posso negarti quel che tu mi chiedi».

Sant'Efrem arriva a dire che «il nome di Maria è la chiave della porta del cielo» e perciò san Bonaventura ha ragione di chiamare Maria: «Salvezza di tutti quelli che ti invocano», come se invocare il nome di Maria e ottenere la salvezza eterna fosse la stessa cosa. L'Idiota afferma che la devota invocazione di questo santo e dolce nome conduce ad ottenere una grazia sovrabbondante in questa vita e una gloria sublime nella vita futura. Tommaso da Kempis conclude: «Se cercate, fratelli, di essere consolati in ogni tribolazione, ricorrete a Maria, invocate Maria, onorate Maria, raccomandatevi a Maria. Con Maria godete, con Maria piangete, con Maria pregate, con Maria camminate, con Maria cercate Gesù; desiderate di vivere e di morire con Gesù e Maria. Così facendo, fratelli, andrete sempre avanti nella via del Signore. Maria pregherà volentieri per voi e il Figlio certamente esaudirà sua Madre».

Quanto è dolce in vita il santo nome di Maria ai suoi devoti per le grazie mirabili che ottiene loro! Ma più dolce ancora sarà al momento supremo procurando loro una dolce e santa morte. Il padre Sertorio Caputo della Compagnia di Gesù esortava tutti quelli che si trovassero ad assistere un moribondo a ripetergli spesso il nome di Maria, poiché questo nome di vita e di speranza, pronunziato in punto di morte, basta da solo a disperdere i nemici e a confortare i moribondi in tutte le loro angosce. Anche san Camillo de Lellis raccomandava vivamente ai suoi religiosi di ricordare spesso ai moribondi d'invocare il nome di Maria e di Gesù. Egli lo faceva sempre con gli altri e, come leggiamo nella sua Vita, al momento della propria morte ripeteva gli amati nomi di Gesù e di Maria con tanta tenerezza che ne infiammava d'amore anche chi l'ascoltava. Alla fine, con gli occhi fissi sulle loro immagini adorate e con le braccia in croce, il santo spirò con un'espressione di pace paradisiaca, pronunziando come sue ultime parole i dolci nomi di Gesù e di Maria. «Questa breve invocazione: Gesù e Maria! è facile da ricordare, dolce da meditare, potente a proteggere» contro tutti i nemici della nostra salvezza, dice Tommaso da Kempis.

«Beato colui che ama il tuo nome, Maria!» esclama san Bonaventura. «Il tuo nome è così glorioso e mirabile che tutti quelli che lo invocano in punto di morte non temono gli assalti dei nemici».

Felice colui che avesse la sorte di morire come il padre cappuccino Fulgenzio d'Ascoli, il quale spirò cantando: «O Maria, o Maria, la più bella che ci sia, voglio andarmene in tua compagnia». Oppure come morì il beato Alberico cistercense, di cui si narra negli Annali dell'Ordine che spirò pronunziando il dolce nome di Maria.

Preghiamo dunque, mio devoto lettore, preghiamo Dio che ci conceda la grazia che l'ultima parola sulle nostre labbra sia il nome di Maria, come appunto desiderava e pregava san Germano. O dolce morte, morte sicura quella accompagnata e protetta da questo nome di salvezza, che Dio concede d'invocare nel momento supremo soltanto a quelli che vuole salvi!

Mia dolce Signora e Madre, io ti amo tanto e poiché ti amo, amo anche il tuo santo nome. Propongo e spero con il tuo aiuto d'invocarlo sempre in vita e in morte. Concludiamo dunque con la toccante preghiera di san Bonaventura: «Per la gloria del tuo nome, quando l'anima mia uscirà da questo mondo, vienile incontro, Vergine benedetta, e prendila fra le tue braccia. Non disdegnare allora, o Maria, di venire a consolarla con la tua dolce presenza. Sii tu la sua scala e la sua via per il paradiso. Ottienile la grazia del perdono e l'eterno riposo. O Maria, avvocata nostra, tocca a te difendere i tuoi devoti e prendere a tuo conto le loro cause davanti al tribunale di Gesù Cristo».