QUICUMQUE VULT SALVUS ESSE, ANTE OMNIA OPUS EST, UT TENEAT CATHOLICAM FIDEM

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lunedì 27 ottobre 2014

Festa di Cristo Re

Pubblichiamo l'Omelia del rev. do Padre Cyrille


Ricordiamo che per ricévere la comunione, i catlici dévono èssere in stato di Grazia.
Nel rito romano antico, la comunióne si ricéve sempre sulla lingua, e se fisicaménte possìbile, in ginòcchio.
Sàbato pròssimo è la fèsta di tutti santi. La messa sarà celebrata alle 11.
La solennità dei defunti quest’anno sarà celebrata lunedì 3, perché il due è una doménica.
Celebrerò tre messe basse di Requiem iniziando alle 8, e dopo andremo alla tomba del primo rettóre di questa chiesa, che è nella cripta, per fare le preghiere di assoluzióne e ottenere l’indugenza  plenaria.
È possìbile ottenere quest’indulgénza tutti i giorni della prima settimana di novembre visitando un cimetèro o una tomba (o la tomba della cripta dopo la messa, ma soltanto visibile con una  torcia )
Ùltimo Annuncio: questo martedì è la festa  dei santi Simone e Giuda, patroni di questa chiesa. Per questa occasione, i due reliquiari preziosi sono esposti sull’altare tutta la settimana.

"L'Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e divinità e la sapienza e la forza e l'onore. A lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli."

Fratelli,

Questo estratto dell'Intr
òito della Messa di Cristo Re, che si cèlebra oggi (ùltima Doménica di Ottóbre nel calendario tridentino), ci ricòrda di un eleménto fondamentale della fede cattòlica, che a volte sembra èssere fuori posto nella società di òggi: la regalità universale di Cristo.

Sì, Gesù Cristo è il Re, e
a più di un tìtolo. In primo luogo a causa della sua natura divina, per la quale tutto ciò che esiste Gli è necessariamente sottomésso, poiché tutto ciò che esiste, esiste da Lui e per Lui.
E anc
óra, è re a càusa della dignità della sua natura umana che, unita alla sua natura divina, ne ha ricevuto una nobiltà ineguagliàbile. Questo è ciò che il profèta Daniele vide: "Un Figlio dell'uomo" vieniénte  sulle nubi del cielo al quale "fùrono donati  potére, glòria e régno; tutti i pòpoli, tutte le nazióni e tutte le lingue Lo servìrono. "
Gesù è
infine re per dirìtto di conquista attravèrso la Sua croce e per la testimoniànza che Egli ha reso per la Verità. Lui, "il testimòne fedéle" è venùto a ristabilìre la verità. La regalità di Cristo è la regalità della Verità che régna con la sóla fòrza di persuasióne che esèrcita sulle ménti e i cuòri... "io sono re [e] sono venuto nel mondo per questo: per réndere testimonianza alla Verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce", si ascolta nel Vangelo di oggi.

Fratelli,
N
ói cattòlici dobbiamo affermare fòrte e chiara la regalità di Cristo, di fronte ai nostri contemporànei che dùbitano di poter sapére ciò che è vero e ciò che è falso e se esiste qualcòsa di cèrto! Poiché, se nulla di cèrto si può dire, allora la vita umana non ha uno scòpo sicùro, non esìste una vàlida ragione per vìvere; ècco còsa pòrta, specialménte i gióvani in Occidente, alla disperazióne e alla rivòlta. Venéndo a testimoniare la Verità, Cristo affronta il problèma più fondamentale della vita umana.

Viviamo in un pa
ése dóve la regalità manca da troppo tempo per non avere fatto scomparìre le certézze su cèrte còse. Dobbiamo quindi sottolineare il trìplice potere inerénte a qualsiasi regalità: il potere di legiferare, di giudicare e di far eseguire le Sue sentenze.

Cristo
dunque, possiede tali poteri al grado suprèmo: è legislatóre attravèrso la legge naturale che govèrna l'intero universo nella sua ricca diversità, ed è legislatore nell'ordine soprannaturale, attravèrso il Decàlogo e la nuova legge del Vangelo.
Infine, è il giudice, "Il padre non giùdica nessuno, ma ha dato al Figlio ogni potere di giudicàre," afférma  ancora il Signóre nel Vangèlo di  San Giovanni.
Questo giudizio è
di órdine soprannaturale perché riguarda le ànime, ma è anche di órdine naturale, perché è «inseparabile dal diritto di premiare o punire gli uomini, anche durante la loro vita [terrena]", scrisse Pio XI, a cui si deve l'istituzione della festa di Cristo Re.

Fratelli,
La regalità di Cristo è universale e non conosce limitazione di tempo, di luogo o di persona ... E se Gesù disse a Pilato che il suo regno non è di questo mondo, non significa che Gesù non es
èrcita la sua regalità in questo mondo, ma che il suo regno è di orìgine divina e quindi nessuno ha il potere di sottràrGlielo. Ècco perché Egli non ha bisogno di guardie che combattono per Lui ... ha bisogno che le nòstre intelligenze si àprano alla sua testimonianza.

Questa f
èsta di Cristo Re ci invita a "combàttere valorosaménte e instancabilménte, sótto la bandiera di Cristo Re", in mòdo che il suo régno arrivi "in terra come in cielo" ... Noi diciamo questa preghiera ògni giorno, ma comprendiamo che còsa signìfica quésto per noi?

I sold
àti più valorósi di Cristo Re sono stati senza dubbio martiri che, nei primi sècoli come oggi in alcune parti del mondo, hanno scelto di versare il loro sangue e dare la propria vita piuttòsto che rinunciare ad un regno totale di Cristo sulla loro vita.
L'affermazi
óne dél régno di Cristo è questa: non una questione di folklore, ma la dichiarazione sicura e ferma, fino al martirio, se necessario, della supremazia della regalità di Cristo, regno di amore e di verità.
Sia Lodato Gesù Cristo+

venerdì 24 ottobre 2014

Solennità di tutti i Santi



Predica 1 Novembre 2011 di padre Konrad Festa di Tutti i Santi

In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.
Carissimi fedeli, l'unico scopo della vita umana è la nostra santificazione, per questo siamo stati creati, per nient'altro che questo.
Il Signore ci da ottanta o novanta anni di vita, normalmente, solo per questo.
Se noi arriviamo alla fine dei nostri giorni e non siamo ancora santi, abbiamo fallito.

Cosa è la Santità?

La santità è la perfezione della Carità, ossia, la perfezione dell'Amore sovrannaturale, nel senso assoluto dei termini la santità, la perfezione della Carità, la perfezione dell'Amore sovrannaturale è solo Dio stesso, Dio è la santità, Dio è la Carità, e Dio che è la santità e la Carità ci comanda di essere Santi anche noi: "siate Santi, perchè Io sono Santo", dice il Signore quattro volte nel Libro del Levitico.
Ma cosa è la santità per noi? Cosa è la perfezione della Carità per gli uomini?
Nostro Signore Gesù Cristo + risponde: "nessun uomo ha un amore più grande di questo, di dare la sua vita per i suoi amici". Parla della santità, parla della perfezione dell'amore per un uomo, per noi, esprime la santità in termini di quell'atto che Lui ha compiuto da uomo per salvare il mondo. Questa è dunque la santità per noi: dare la nostra vita per i nostri amici.
Per quali amici? Per Dio stesso, perché Dio è il nostro più grande, più caro e amorevole Amico, è in un certo senso il nostro unico Amico, perché Lui ci ha creati, ci conserva in esistenza, ci ha dato e ci da tutto ciò che siamo e che abbiamo; ci ha redenti con la Sua Passione e la Sua Morte e ci vuol dare tutto a noi, cioè Se Stesso e per sempre.

Dobbiamo, dunque, dare la nostra vita per Lui in primo luogo e in assoluto, e poi dobbiamo dare la nostra vita per il nostro prossimo, questo in secondo luogo e in modo relativo, perchè amiamo il prossimo solo in Dio e a causa di Dio, questo difatti è il soggetto del Comandamento nuovo del Signore: che vi amiate gli uni e gli altri, come Io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Questa stessa perfezione dell'amore viene insegnata in due altri testi particolari della Sacra Scrittura, il primo testo è: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze e il prossimo come te stesso", il secondo testo è quello dei Dieci Comandamenti di cui i primi tre stabiliscono l'amore per Dio e gli altri sette stabiliscono l'amore per il prossimo: chi mi ama - dice il Signore - tiene i miei Comandamenti.
Per spiegare meglio ciò che sono i Dieci Comandamenti bisogna sapere che non solo vietano ciò che è peccato, ma che anche ci incitano alla perfezione della Carità.

E difatti lo scopo della vita umana non è solo di evitare il peccato, soprattutto il peccato mortale per poter raggiungere il Cielo, bensì di perfezionarci, come ho detto all'inizio di questa Omelia, per raggiungere quel grado di gloria in Cielo che Dio ha stabilito per noi prima della creazione del mondo.

Guardiamo un attimo il lato positivo dei Comandamenti:

- i primi tre stabiliscono l'adorazione e l'onore dovuto a Dio, tanto privato quanto pubblico, nonché la Fede, la Speranza e la Carità verso di Lui;
- il quarto stabilisce l'onore per i Genitori e per i Superiori,
- il quinto (con le parole del Catechismo di Trento) ci ingiunge, anche, di estendere la nostra concordia e caritatevole amicizia verso i nemici per avere pace con tutti, sia pure affrontando con pazienza, ogni contrarietà;
- il sesto ci ingiunge alla purezza dell'amore, alla castità ed alla modestia;
- il settimo ci impone di essere benevoli e generosi verso il prossimo;
- gli ultimi tre, l'ottavo, il nono e il decimo ci insegnano di non parlare male del prossimo, di pregare per ciò che ci conviene di possedere, di apprezzare i nostri beni e di ringraziarne il Signore.

Per tenere i Comandamenti e per perfezionarci occorre la pratica delle virtù, soprattutto le virtù Cardinali della prudenza, della giustizia, della temperanza e fortezza, occorre anche un lavoro assiduo contro le nostre imperfezioni di carattere o di abitudine, forse siamo approssimativi nelle azioni e nelle nostre parole, siamo rozzi, maleducati un pò, indifferenti al prossimo, un pò liberi nelle parole, un pò maliziosi, aspri, amari, suscettibili, permalosi, distratti, disordinati, inaffidabili, inclini al risentimento, pensieri contro la Carità, all'eccesso di tristezza, di ira, di paura o persino di gioia. Questo lavoro sul nostro carattere, sulle nostre abitudini, anche quasi più del lavoro contro il peccato è il lavoro più difficile che ci sia, si chiama "il lavoro dei Santi", nelle parole di santa Teresina che provengono dalla Sacra Scrittura: "il lavoro fra tutti più penoso è quello che si intraprende sopra se stessi per arrivare a vincersi".

Una parola sulla Preghiera.

Stiamo aspettando la Vita Eterna qua, dove vogliamo essere con Dio per sempre, se non pensiamo, se non parliamo, se non preghiamo mai a Lui, quale tipo di preparazione è questa per la Vita Eterna. Una mezza Ave Maria mentre mi addormento non basta! Devo afferrare del tempo, la mattina e la sera, per la Preghiera anzi, devo provare a vivere sempre nella presenza di Dio con l'attenzione della mente, verso di Lui, che non dimentichi mai che Lui è il mio più grande Amico che occorre adorare, lodare, ringraziare, di cui occorre chiedere favori, a cui devo dare e dedicare tutta la mia vita.

Ho parlato del lato attivo della santificazione, ma c'è anche il lato passivo.

La vita, dopo la caduta, è dura, siamo la per lavorare e soffrire, per portare la nostra croce dietro a Lui, e questa sofferenza ci santifica più di tutte le azioni che potremmo compiere. Lui ha dato la Sua vita per i suoi amici, cioè a noi, nella sofferenza, quella sofferenza che ha manifestato il Suo Amore, così anche noi dobbiamo dare la nostra vita a Lui, con tutta la nostra sofferenza, perché questa manifesterà anche il nostro amore. Ci saranno sempre sofferenze e difficoltà, ma queste possiamo accettarle per amore di Lui ed offrirglieLe come i nostri più preziosi tesori, uniti con le Sue sofferenze in Croce. Per la Sua gloria, per la salvezza del mondo, e per la santificazione della nostra anima.
Amen.

In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.
Sia lodato Gesù Cristo +



venerdì 10 ottobre 2014

Il valore del Santo Rosario

Iniziamo da oggi l'inserimento di una serie di Omelie che il reverendo Padre Konrad ci ha donato e che vogliamo condividere con tutti voi.




Predica del 7 ottobre 2012 di padre Konrad Madonna del Rosario

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.

    Oggi è la solennità del Santo Rosario in cui si celebra la gloriosa vittoria di Lepanto sull'Islam: una vittoria guadagnata soprattutto per la recita del Santo Rosario.
   Siccome la vittoria di Lepanto, così anche la preghiera stessa del Rosario, ci mostra chiaramente il ruolo di Mediatrice della Madonna.
    Nell'Ave Maria ci rivolgiamo a Lei a causa della sua vicinanza a Dio: Lei che è piena di grazia perché il Signore è con Lei; benedetta fra le donne perché è benedetto il frutto del suo seno Gesù; e Santa perché è Madre di Dio. E preghiamo a Lei che Lei preghi per noi adesso e nell'ora della nostra morte: cioè, in tutte le nostre necessità. Lei è la Mediatrice dunque: sta tra noi e Dio e raggiungiamo Dio per mezzo di Lei.
   La stessa verità viene espressa nei Misteri del Santo Rosario: nel primo Mistero Gaudioso contempliamo prima Lei e poi il Signore concepito nel suo santo seno, in un crescendo che è proprio della Rivelazione. Nel secondo Mistero contempliamo prima Lei di nuovo da sola, andando alla casa di Santa Elisabetta, e poi Nostro Signore nel Suo primo atto pubblico: quello della santificazione di San Giovanni Battista. Nel terzo Mistero la meditiamo con il suo Figlio Divino che possiamo adorare ormai con gli occhi dello spirito. Nel quarto e nel quinto Mistero Gaudioso la vediamo sempre inchinata e protesa verso il suo Figlio Divino: offrendoLo e poi trovandoLo nel tempio.
   Lei è la Mediatrice, andiamo per mezzo di Lei al Signore: per Mariam ad Jesum. Questo è vero della Preghiera Ave Maria e dei Misteri Gaudiosi, ma anche dei Misteri Dolorosi, perché i Misteri dove il Signore viene offerto e trovato nel tempio sono allo stesso tempo Dolori della Vergine Maria (il primo e il terzo) che anticipano e preparano ai dolori del Suo Figlio.
   Nei Misteri Dolorosi la Madonna si ritira per mettere in luce il Signore, anche se le Rivelazioni di Santa Brigida, per esempio, attestano la sua presenza alla flagellazione; e la Tradizione della Chiesa La presenta vedendo il Suo Figlio incoronato e portando la Croce; e il Vangelo ci parla della Sua presenza sotto la Croce.
   La Madonna dunque ci conduce al Suo Figlio nei Misteri Gaudiosi e Dolorosi, che poi contempliamo Risorto e asceso al Cielo. I Misteri si concludono con la visione della Madonna glorificata per il suo ruolo nella Redenzione.

   Il principio "per Mariam ad Jesum" si manifesta di nuovo con la Preghiera che conclude il Santo Rosario, "Salve Regina". Dopo aver invocato la Regina del Cielo e della Terra in questa Preghiera con grande devozione nel fervore, Le chiediamo di mostrarci nel Cielo il frutto del suo seno Gesù.
   Se questa Preghiera conclude tutto il Rosario, conclude anche in un certo senso la Preghiera dell'Ave Maria stessa. Perché mentre nell'Ave Maria chiamiamo "benedetto" il frutto del suo seno Gesù e chiediamo alla Madonna di pregare per noi; nella Salve Regina chiediamo che Lei ci mostri il frutto del suo seno Gesù. Chiediamo esplicitamente, dunque, ciò che non avevamo ancora osato chiedere che cioè, in ultima analisi, il fine ultimo e il culmine di ogni Preghiera: la visione beatifica di Dio in Cielo.


  La Santa Chiesa Cattolica insegna che la Madonna è Mediatrice di tutte le grazie e questo in due sensi. Il primo senso è che ha donato al mondo il Redentore Che è la fonte di tutte le grazie; il secondo senso è che tutte le grazie che vengono elargite sugli uomini, vengono concesse per la Sua intercessione.
    Leone XIII dichiara nella sua Enciclica sul Rosario Octobri mense: " Per questo, è lecito affermare, a piena ragione, che dell’immenso tesoro di ogni grazia che il Signore ci ha procacciato, poiché "la grazia e la verità provengono da Cristo" (Gv. 1,17), nulla ci viene dato direttamente se non attraverso Maria, per volere di Dio. Dato che nessuno può andare al Sommo Padre se non per mezzo del Figlio, così, di regola, nessuno può avvicinarsi a Cristo se non attraverso la Madre".

   Come possiamo caratterizzare la mediazione della Madonna?
   Innanzitutto come collaborazione, perché occorre distinguere la mediazione del Figlio da quella della Madre. La mediazione del Figlio è perfetta, perché Lui solo ha riconciliato l'uomo con Dio tramite la Sua morte in Croce, mentre la mediazione della Madre è piuttosto una collaborazione. E' una collaborazione dove opera in modo preparatorio o ministeriale ed in modo indiretto e remoto quando disse, ad esempio, all'Incarnazione "Ecce ancilla Domini", e quando stava sotto la Croce ad offrire tutta la sua vita e sofferenza a servizio del Divin Redentore.
   La mediazione della Madonna è anche una mediazione materna, e questo in un doppio senso. Perché ha donato il Redentore agli uomini sia come Madre del Redentore sia come Madre degli uomini; ed anche perché intercede presso Dio a favore degli uomini sia come Madre di Dio sia come Madre degli uomini.

   Poiché la Madonna è la Mediatrice di tutte le grazie, conviene che affidiamo sempre più fervorosamente, ed intensamente noi stessi a questa nostra Madre tenerissima e potentissima per poter vincere i nostri nemici: il Mondo, la Carne e il Diavolo o, in una parola, per vincere noi stessi: per adorare poi con Lei, in Cielo, il frutto benedetto del suo seno, Gesù.

Sia lodato Gesù Cristo +

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.

venerdì 28 febbraio 2014

La questione etica e morale del nostro tempo




  Omelia 16 febbraio 2014 sulla questione etica e morale

In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.

    Carissimi fedeli, dirò una parola di qualche cosa di assai grave, che è capitato in questi giorni, anche se il tema è spiacevole, e poi qualche considerazione su questa Domenica.

    C'è l'iniziativa in questa nostra città di Venezia, una città bella esternamente, meno bella internamente, di insegnare ai bambini più piccoli in una cinquantina di scuole, una teoria che si chiama "Gender".
    Questo termine è già un indice sicuro della sua falsità, perché, se fosse vera, certamente tra i grandi pensatori del passato, qualcuno lo avrebbe professato. La teoria mantiene che la sessualità venga determinata dalla cultura e deve essere liberata da ogni costrizione ed inibizione. Essenzialmente mira a promuovere l’omosessualità.
    Procediamo ad esaminare La teoria alla luce della ragione e della fede.
    Ora è evidente che la sessualità può essere influenzata dalla cultura ed anche dalle  circostanze particolari di una data vita, ma è anche evidente che si fonda sulla persona umana differenziata in due sessi diversi: maschile e femminile, ognuno di cui ha il suo proprio carattere psico-fisico.
   La differenzazione sessuale ha senso nella analisi finale solo in rapporto alla procreazione e la propagazione della specie o, in altre parole, alla conservazione del genere umano.
   Questa procreazione può avvenire solo dentro del matrimonio, poiché solo il matrimonio può fornire la base per l'educazione di una prole equilibrata e felice. La conservazione del genere umano è il bene naturale più grande in assoluto: perciò la frustrazione di questo bene tramite l'uso della sessualità fuori del matrimonio o contro gli scopi del matrimonio, è una cosa pessima, la corruzione del migliore essendo il pessimo: corruptio optimi pessima est.
   Queste verità della Legge naturale sono confermate dalla Santa Madre Chiesa nella sua dottrina sul matrimonio, sulla gravità del peccato dell'impurità di qualsiasi tipo, e sulla depravazione particolare degli atti omosessuali.

   La teoria del cosiddetto "Gender" è falsa per quattro motivi:

1. E’ irreale nel senso che non ha alcun fondamento né nella realtà: fundamentum in re: non ha fondamento nella natura umana: nel carattere psico-fisico, o maschile o femminile, di una data persona; piuttosto riguarda la persona come un tipo di barca, e la sessualità come un tipo di vela, su cui soffia il vento della Cultura, che spinge la persona là dove vuole.

2. E’ irrazionale perché, essendo contraria alla Legge naturale, è contraria anche alla ragione stessa.

3. E’ superficiale perché elige l'emozione come guida del comportamento umano e non l'intelletto e la volontà e i principi morali oggettivi che sono i loro oggetti adeguati.

4. E’ incoerente, e questo per due versi: a) in quanto promuove la stessa azione che pretende di combattere: ossia l’influenza culturale sessuale; b) in quanto è un tipo di edonismo e come tale avoca la felicità mentre procura l'infelicità. Pensiamo solo alle due ultime generazioni impregnate come sono dell'ideale della felicità terrena: sono più felici dei loro antenati? Chi lo potrebbe pretendere?

    La teoria ‘Gender’ è dunque falsa: irreale, irrazionale, superficiale, ed incoerente.  Promuoverla nella scuole, invece, è un male grave, e in quanto porta all’omosessualità è anche particolarmente depravato. La sua gravità è tanto più grande in virtù del suo carattere pubblico: toccando un gran numero di persone e suscitando scandalo pubblico; e in virtù del suo effetto che è cioè di corrompere le anime di bambini innocenti fin dalla più tenera età.
    Di coloro che agiscono in questo modo, Nostro Signore Gesù Cristo dice: "E’ meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandali anche uno solo di questi piccoli”.
    Il fatto che questa iniziativa educativa è stata largamente accolta dalle autorità pubbliche di tutta l'Europa è segno dell’accelerazione dell'opera del Demonio sul mondo e della sua audacia crescente; segno ugualmente dell’accecamento morale, e degli abissi di degradazione in cui è caduto l’uomo apostasiato da Dio.
     Le persone che stanno già macchinando per implementare questi progetti nefasti sono moralmente obbligati di restituire dalle propria tasche i soldi che hanno già speso per il male pubblico, che furono a loro affidati per il bene pubblico; di ricantare pubblicamente; e di distruggere i libri offensivi. Noi che ancora siamo capaci di ragionare, e soprattutto noi cattolici, dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere: con la Preghiera innanzi tutto, con la parola, la testimonianza, e con l'azione, per contrastare questa alta marea di iniquità prima che i nostri figli siano tutti pervertiti e noi stessi assieme agli altri siamo colpiti dalla giusta ira di Dio.


    Due pensieri ora sulle Letture di questa Domenica, per non finire con pensieri esclusivamente tenebrosi.
    La Domenica Settuagesima incomincia il secondo ciclo dell'Anno Liturgico (nel rito antico) che condurrà attraverso la Passione e Morte del Signore fino alla Sua gloriosa Risurrezione di Pasqua. Il colore è viola, già anticipando la Sua Passione e il Tempo di Quaresima, chiamandoci all'ascesi.
    ‘Ascesi’ che viene dal greco "askeo" e significa "esercitare", esprime un modo di vivere disciplinato che ci richiede degli sforzi.
    La Chiesa riguarda la vita umana come una ascesi e ne da due esempi nelle letture odierne (1Cor. 9,24-27/10,1-15 e il Vangelo Mt.20,1-16): il primo nella Lettera di San Paolo è l'immagine della corsa: La vita è una corsa per un premio. Se vogliamo il premio che è la vita eterna, e nell'analisi finale, il possesso stabile e perfetto di Dio Stesso, dobbiamo correre.
    Il secondo esempio è quello del lavoro nella vigna sotto il sole, descritto nel Vangelo. L'immagine esprime la nostra vita come un lavoro, un lavoro che fa soffrire, un lavoro precisamente nella vigna che è la Santa Madre Chiesa. Il premio di questo lavoro, che è lo stesso premio, sarà dato alla sera della nostra vita.
   La Santa Madre Chiesa tramite queste immagini e tutto il suo santo insegnamento, ci dice che siamo in questo mondo per lottare, lavorare, e per soffrire con lo scopo di meritare il Cielo - e non per un superficiale edonismo come di coloro di cui ho sopra parlato.
   Con queste considerazioni, carissimi fedeli, ci ispirino già per questa Quaresima ad intraprendere qualche pratica di ascesi, qualche lavoro su noi stessi per combattere il peccato, il vizio, o qualche altra imperfezione.
   Dove ci sbagliamo? Cosa abbiamo detto nell'ultima Confessione - la cosa di cui ci siamo vergognati particolarmente? o cosa non abbiamo confessato - se forse non ci confessiamo da molto tempo, o non ci confessiamo mai?
   Riflettiamo allora: siamo concreti! Siamo coerenti con il Battesimo e gli altri Sacramenti fino ad oggi ricevuti? Facciamo un proponimento per Amore di Dio, per perfezionarci come Lui ci ha chiesto (Mt.5,48), e per ricevere il premio alla sera della nostra vita che è il possesso stabile e perfetto di Dio Trino ed Uno, Fonte ed Origine di Ogni Bene.

   In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen.


lunedì 23 dicembre 2013

Buon Natale di Nostro Signore Gesù Cristo

Il sito rivolge a tutti l'Augurio più fraterno per il Natale di Nostro Signore Gesù Cristo
ed auspica un Sereno Anno Nuovo.





Dominus vobiscum. 



«Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra?» 

Come se Cristo dicesse: "Non pensate che io sia venuto a dare agli uomini la pace secondo la carne, la pace secondo questo mondo, la pace cioè senza nessuna regola, che li avrebbe fatti vivere in accordo col male e avrebbe assicurato loro la prosperità su questa terra. No, vi dico, non sono venuto a portare una pace di questo genere ma la divisione, una buona e salutare separazione degli spiriti e anche dei corpi.
Quindi, perché amano Dio e cercano la pace interiore, coloro che credono in me si troveranno naturalmente in disaccordo con i malvagi; si separeranno da coloro che provano a distoglierli dal progresso spirituale a dalla purezza dell'amore divino, o che si sforzano di crear loro difficoltà".

Dunque la pace spirituale, la pace interiore, la buona pace è la tranquillità dell'anima in Dio, e la concordia secondo l'ordine giusto. Cristo è venuto a portare questa pace prima di ogni altra cosa...

Dionigi il Certosino, monaco.
Commento sul vangelo di Luca, Op. omnia 12,72


giovedì 28 novembre 2013

Una santa lettura per l'anima



Lo specchio della peccatrice Benedetta di Firenze
(beato Alano de la Rupe O.P.)


Ci fu una donna nella città di Firenze in Toscana, di nome Benedetta (di cui anche si parla nella vita di San Domenico), nata da Nobili Natali, e dotata di incomparabile bellezza. Sciupò gli anni dell'adolescenza della vita e li consumò in pericolosi comportamenti. Infine divenne lì una pubblica meretrice, nella massima insidia della perdizione delle anime.
Vedendola il Beato Domenico, Sposo insigne della Beata Vergine Maria, si meravigliò molto della sua gran bellezza, e nello stesso tempo, dell’immoralità di costei, ed ebbe un grande dolore per la perdizione della stessa, e di molte anime, redente dal Sangue di Cristo. Per volontà di Dio poi, quella peccatrice, dopo il Sermone di Domenico, ferita da questo Sermone, andò a confessarsi con lui. A lei dopo le altre cose, fatta la confessione: Vuoi, disse Domenico, che io, come suo Sposo, preghi per te nostro Signore Gesù Cristo e la dolcissima Maria Madre sua? Perché ti restituiscano a quello stato, che è più confacente te e alla tua salvezza? E a lui essa: Sì, Padre dolcissimo, umilmente prego e supplico, che così tu faccia. E alzandosi Domenico dal seggio della confessione, subito pregò per lei. E subito una moltitudine di demoni entrò nel corpo della donna, e per un anno intero, rimase così legata e ossessa, non senza il grande stupore di tutto quanto il popolo, e il terrore, sia dei suoi amanti specialmente, sia degli altri molti uomini carnali. Che cosa di più? Dopo un anno, Domenico, ritornando, visitò la sua prigioniera. Allora essa con pianti e con sospiri grandissimi lo scongiurava, che a lei porgesse la mano della pietà, liberandola dai nemici del genere umano.
Egli concesse questo volentieri e, fatto un segno di Croce, per la virtù del Salterio della Vergine Maria (per mezzo del quale era stato sempre solito fare grandi cose) scacciò da lei tutti i demoni, che erano nel numero di quattrocentocinquanta. Perciò a lei ingiunse come penitenza, ogni giorno, di recitare tre Salteri alla Vergine Maria, nei quali ve ne sono tante, cioè quattrocentocinquanta Ave Maria, contro gli altrettanti demoni detti prima. Fatto doloroso! Senti ciò che avviene dopo. Dopo che quella assai infelice peccatrice fu liberata da essi, e abbandonata a sé, in essa cominciarono di nuovo ad eccitarsi gli incendi della carne, a spuntare pensieri carnali e a ribollire nuovi desideri degli accompagnamenti carnali. 

I precedenti amanti, ritornando da lei, vedendola restituita alla gloria di prima e alla bellezza del corpo, la spingevano a peccare, tanto che quella assai misera, immemore della Misericordia di Dio e della grazia, ritornò alle precedenti azioni cattive, e, più smisuratamente di prima, vendeva se stessa. Ad essa corrono quasi innumerevoli, e diventa uno spettacolo del diavolo più grave, che mai era stato. Il piissimo Domenico, udendo il nuovo spettacolo, la rovina della detta Benedetta e il danno di moltissimi uomini, va subito da lei spinto dallo Spirito di Dio. Tuttavia allora essendo in luoghi lontani, e trovatala in casa, attorniata dalle consolazioni dei miseri, e allontanati tutti con la luce divina dello sguardo, rivolto ad essa con volto terribile afferma: E’ vero o figlia, dice, che avevi promesso a Cristo e alla Vergine Maria, di condurre una vita immacolata? Ammettendo certamente, già conosci che una grande sventura, per te è imminente da parte di Dio per punizione, se subito non ti penti per essere ricaduta. Essa sentendo ciò, tacendo con tremore, e rimanendo stupefatta, non osava parlare. Allora l’uomo di Dio disse: Seguimi. E la condusse in quella medesima ora, come allora era, vestita con l’abito di meretrice, nella Chiesa maggiore, nella quale era venuta una grandissima moltitudine di popolo, e qui sedendo come in un tribunale, ascoltò la confessione di quella maledetta, mentre tutti quanti guardavano ed erano immensamente stupiti. Una nuova e meravigliosa mano di Dio. 
Fatta la Confessione, le dice Domenico: Vuoi, figlia, affidarti per la salvezza tua e degli altri, alla dolcissima Madre di Misericordia? A lui quella poveretta, tremante e stupita, dice: Si, o Signore, avvenga la sua volontà. Avendo dunque Domenico (che in tutte le sue richieste, era esaudito secondo il desiderio) pregato un poco per lei, improvvisamente, mentre vedevano tutti quanti, essa, come prima, è presa da quattrocentocinquanta demoni, e davanti a tutti orribilmente tormentata. Viene presa, incatenata, legata, e, ululando e urlando con grida grandissime, e con l'orrore di tutti quelli che erano presenti, viene portata a casa. Domenico poi, subito scomparendo, fu trovato dopo un’ora a Parigi. Così dunque quella misera per un anno e più, rimase ossessa, e ogni giorno era terribilmente tormentata. Tuttavia qualunque giorno aveva un tempo di quiete, anche libero, nel quale pregava frequentemente tre Salteri della Vergine Maria. Allora in quel tempo non la potevano tormentare, o trattenere, benché si affaticassero di trattenere quella poveretta dal servizio della Madre di Dio, con colpi esterni di tavole, o con il mormorio delle voci, e con il tirare dei suoi vestiti, o dei capelli di lei. 
Essendo dunque, la povera prigioniera della Beata Vergine Maria e di Domenico, agitata da tante sofferenze, accadde in una certa Vigilia di Maria Vergine, che essa, attonita, e rapita in spirito (essendo di nuovo Domenico ritornato già improvvisamente da lei, per volere di Dio, e pregando supplichevolmente Dio per essa) si vede presso il tribunale di Dio, che era trascinata terribilmente nell’infinito, mentre le schiere dei Santi, circonfusi di più splendore del sole, e un ingente libro a forma di cella o di camera fu portato, sigillato con i segni della maledizione e dell’Inferno. In esso era perfettamente raffigurata tutta la vita di quella Benedetta, e assieme narrata. Viene ordinato a quella poveretta di esaminare attentamente la descrizione e la scrittura del primo foglio, e di leggere. Quella scrittura era di così gran terrore e peso, che molto più volentieri sarebbe entrata in una fornace infuocata, di centocinquanta stadi, più che avere guardato soltanto il primo foglio.

Allora tremante e stupita, cominciò ad urlare con alte grida, dicendo: Ahimè! Ahimè! Me maledetta, e non benedetta, perché misera sono venuta al mondo? Perché sfortunata, rispetto agli altri figli, e alle figlie di Eva, sono stata riempita di tanti mali? Guai a me, misera figlia della maledizione! Guai ai genitori che mi hanno generato e non mi hanno insegnato, guai di più a quelli che mi ingannarono la prima volta. Ahimè, ahimè! Dove mi volgerò? Dove andrò? Dove mi nasconderò? Dove fuggirò, che dirò o che farò? Ahimè! Ahimè! Me misera! Vedo l’inferno aperto per afferrarmi, vedo per me nell’inferno un giudice molto terribile. Ahimè! Perché non sono morta giovane? Perché non sono morta nella culla? Ma, ahimè!, da una lunga vita malvagia, sono stata condotta a queste estreme miserie. Oh, se avessi presagito codesti così grandi rischi, e li avessi conosciuti bene, perché li avessi vissuti santamente. Oh, se il mondo, e le donne del mondo, codeste cose che io vedo, conoscessero, che cosa penserebbero di siffatta cosa? Che direbbero? Che farebbero? Guai a me, figlia dell’abominazione e della confusione, della miseria e d’ogni sudiciume, abisso dell’orrenda indecenza e d’ogni malvagità. Brevi sono state le mie gioie, ed ecco ahimè! Ahimè! Per esse vedo preparati, davanti a me, i tormenti eterni. E così gridando e cadendo a terra, davanti al sommo Giudice, era sconvolta da un immenso dolore. A lei il Giudice adirato con voce terribile soggiunge: Alzati, dice, alzati, fa’ quello che ho detto, e leggi nel tuo libro, davanti a tutti, le cose che hai fatto. 
Ed quella lesse la prima pagina, e vide il margine del primo foglio. E tutte quante le lettere e gli apici a lei che vedeva provocavano con le immagini diversi tormenti, che sarebbe stato molto più facile, più dolce e più mite, sopportare la morte del corpo, che sopportare il dolore della lettera più piccola di quel libro. Cosa orrenda! Volesse, o non volesse, questa misera, lesse la pagina del primo foglio del libro della morte, con tanti urli, sospiri, lamenti e dolori, che priva di forze, quasi morta, cadde davanti al Giudice. Il Giudice molto terribile tuttavia, sgridandola molto fortemente, ordina di terminare di leggere la scrittura di tutto il suo libro. E girando la pagina per leggere un altro foglio, quella poveretta gridò così, con tanto terrore, paura, e tremore, davanti al timore delle pene della pagina successiva, che anche le pietre e le altre cose inanimate, se l’avessero sentita e l’avessero compresa, avrebbero pianto con lei. Perciò i presenti stessi, compassionevoli si prostrarono alle ginocchia del Giudice, chiedendo perdono per questa assai misera poveretta. Il Giudice allontanandoli, diceva che era stato offeso molto gravemente per causa sua, e che moltissime anime erano state perdute a motivo di lei; e perciò giustamente codesto libro, che lei stessa aveva fatto, tutto doveva leggere, e infine da quello ricavare la sentenza degna, come meritava per i suoi meriti. 
Allora uno degli astanti, che, come a lei pareva, era San Domenico (il quale distingueva di tutta la visione della cosa, più chiaramente di lei stessa), voltandosi verso quella assai misera, diceva: Verso Maria, Madre di Dio, che hai servito nel Salterio, ora grida più svelta, perché abbia misericordia di te. Allora gemendo e sospirando fortemente, voltatasi verso la Madre di Dio Maria, umilmente dice: O Signora, Madre dolcissima della misericordia e Regina, abbi pietà di me maledettissima peccatrice, in tante angustie per i miei peccati, ahimè! che ora mi trovo qua. Allora la nostra Signora, pregando il Giudice per lei, e scongiurandolo, infine lo placava sotto la speranza dell’emendamento. Più benignamente di prima, il Giudice allora, rivolgendole la parola, dice: Ecco, figlia, ora ti concedo il tempo della penitenza. Vedi bene dunque, di distruggere con cura, per mezzo della penitenza, tutti quanti i peccati, che hai scritto nel tuo libro della morte. Se invece farai diversamente, darò su di te la sentenza della dannazione eterna, nel giorno, in cui tu non ti aspetti. Così dunque, disparendo la visione, ritornò in sé, e vide Domenico presente con lei nella Chiesa. 

Confessandosi con lui molto velocemente ed accuratamente, anche domanda il modo, in cui occorre cancellare il libro terribile. A lei quello: Figlia, affidati alla Vergine Maria. Ella, infatti, oggi ti è stata così di aiuto e ti aiuterà anche in seguito, se però la servirai; senza dubbio veramente, mi affretto verso un altro, e quando sarò ritornato, ti manifesterò come il Signore mi ordinerà per te. Pertanto, nello spazio di tre mesi, ogni giorno con tutte le forze salutava la dolcissima Maria, nel suo Salterio. Ritornando Domenico, mentre egli celebrava la Messa, fu rapita in spirito, per lo spazio di quasi tre ore, nel quale vedeva la dolcissima Vergine, che così le diceva: Figlia, figlia, mi hai domandato molto spesso sul modo di cancellare il tuo libro infernale, ed ecco, Io Madre di misericordia, sono venuta ad insegnarti, l’arte, e il modo, in qual maniera potrai cancellarlo del tutto. 
E subito, la dolcissima Maria, offrendo un bellissimo giglio con una scritta a lettere d’oro, lo diede a Benedetta, dicendo: Leggi, figlia, e in esso cancella i tuoi peccati. Codesta era la scrittura del giglio: Ricordati della gravità del peccato, e in esso, della Misericordia di Dio verso te. E poiché quella ammutolì per la vergogna, la nostra Signora rivolgendosi a lei, dice: 
1. Ti dico, figlia, che è così grande la gravità del più piccolo peccato mortale, e tanto odioso a Dio e a tutti i Santi, e tanto detestabile dalla Corte Celeste del Paradiso, che, se fosse possibile che Io e gli altri Santi esistenti nel Cielo, commettessimo un solo peccato mortale, subito cadremmo nell'Inferno e saremmo dannati in eterno. 
2. Per questo, figlia, forse che Lucifero e tante migliaia di demoni, a causa di un solo peccato mortale, non sono stati subito espulsi dal cielo, e condannati in eterno? Poiché tu, figlia, hai guadagnato più, che tutti costoro nel numero dei peccati e sei più indegna, più miserabile, infinitamente più piccola, sia di essi, sia di noi, senza alcun paragone; forse che ti sono state fatte una piccola misericordia e una piccola grazia? Dunque una così gran Misericordia deve spingerti, affinché ritorni alla clemenza e alla grazia, per mezzo della Misericordia del Creatore. 

Sentendo questo, Benedetta versava assai copiosamente, singhiozzi e pianti, per la virtù di questo giglio. Poi Maria Vergine benedetta fra le donne, offrì alla stessa Benedetta, un secondo giglio, da leggere. In esso c’era scritto: Ricordati della morte innocentissima di Cristo, e osserva le penitenze dei Santi. Se, disse nostra Signora, Dio Padre ha odiato tanto il peccato, da non risparmiare proprio il suo figlio, ma all’età di trentatré anni, lo espose alle ingiurie del mondo, e senza peccato infine lo fece condannare ad una vergognosissima morte, a causa del solo peccato di disubbidienza di Adamo; forse che perciò non devi ringraziare moltissimo Dio, che fino ad ora ti ha dato il tempo di pentirti del tuo peccato senza ammenda, quando tuttavia lo stesso figlio di Dio, dal principio della sua concezione, fino alla morte compresa, per te sempre in ogni istante, fu nelle angustie della morte tante volte, quante tu lo hai offeso con i peccati. E inoltre non vedi che quelli che sono stati più graditi a Dio, come i Profeti, gli Apostoli, i Martiri, i Confessori, le Vergini e tutti i Santi, che furono nel mondo molto tormentati? E tu, molto misera, hai commesso tanti mali, e tuttavia per tanto tempo sei stata aspettata misericordiosamente, e non hai sopportato alcuna pena. 
Queste parole penetravano il cuore di Benedetta come acute saette, e provocavano in essa rigagnoli abbondanti di lacrime. 

La Sapientissima Maria, offrendo il terzo giglio, lo diede a Benedetta, per leggerlo e c’era questo scritto: Ricordati dei dolori del peccato del primo uomo, e di tutti i giusti che peccano. Presentandolo, Maria dice: O figlia Benedetta, forse che non deve dispiacerti molto la tua vita dall’esame di coscienza per grazia della divina misericordia, quando vedi il Primo Uomo Adamo, cacciato dal Paradiso, con sua moglie Eva, la condanna della morte, che porta a tutta la sua posterità, e in tal modo la fame, la sete, il freddo, il caldo e le infinite calamità del mondo, fino alla fine del mondo che seguirà: come è evidente! Ecco davanti a te vedi la spada della divina vendetta, dovunque e in ogni luogo, punire in ogni tempo il peccato d’Adamo, e tuttavia tu hai commesso numerosi mali tanto grandi, più volte, tanto ignobili, tanto orribili, da tanti anni, e non sei stata ripresa per essi, ma sempre dolcemente tollerata. Forse che, o figlia, questo non ti sembra grande e di non poco valore? E di più, non forse quasi tutto il mondo perì nel diluvio per il peccato della lussuria, non solo uomini, ma anche tutti quanti gli animali e le cose inanimate, e, quello che è maggiore, numerosissimi fanciulli innocenti? 
E tu, ricolma di peccati così considerevoli, non vuoi convertirti a Dio, tu, che ancora non sei stata colpita da alcun male? Vedi, disse, Sodoma, e Gomorra, e le altre città unite ad esse, nelle quali, nel fuoco che scendeva dal Cielo perirono, quasi innumerevoli innocenti, con i loro genitori; e tu, dimora di tutti i vizi, e di tutti i peccati, rimani illesa. Forse che tutti i Padri non morirono così nel deserto? Anzi i santissimi Mosè ed Aronne, non morirono a causa della sola vanagloria e della mormorazione? E tu, così abominevole meretrice, piena di così nefandi peccati, non ancora punita per essi, non riconosci verso di te la clemenza del Giudice, tanto severo, e terribile per gli altri? Udendo queste parole, Benedetta era inghiottita da tanti pianti e gemiti che quasi moriva. La Madre Maria assai clemente, offrì il quarto giglio alla sua figlia Benedetta. In esso c’era scritto: Ricordati in che modo sei stata chiamata, mentre tanti Regni delle genti, e dei Giudei non sono stati attratti da Cristo. Esponendo questo la Sorgente della Bontà Santa Maria disse: Forse che a te non è stata fatta una grande grazia, o figlia, perché Cristo ti ha chiamato, e non ha attirato tanti Re dei pagani, comandanti, e nobili, tanti bei giovani, e tante belle donne, molto forti, molto ricchi, di entrambi i sessi, ormai da tanti anni alla sua legge, mentre ha condotto alla sua conoscenza te, poveretta, misera e miserabile, e la più piccola di tutte, carnale, e fallace? 

Pensa queste cose, dunque, e pensa se questa non ti pare una gran cosa, perché essi sono figli del diavolo, e con i demoni, in tutti i peccati camminano, e vanno per la via della morte discendendo all’Inferno, e tu, molto indegna, da Dio nel Battesimo sei stata chiamata, unita agli Angeli e stabilita sulla via della salvezza. 
Medita queste cose e riconosci in ciò, quanta grazia e benignità e clemenza ti è stata mostrata, e tuttavia hai offeso il tuo Dio più di tutti i Giudei e i pagani senza ogni paragone. 
2. Oppure quanti, pensa, sono i Giudei e i Pagani, che ora digiunano, portano di continuo il cilicio e si disciplinano aspramente, mantengono il silenzio, compiono opere di misericordia, e tuttavia con tutte queste cose sono trascinati all’inferno. E tu, piena di miseria e di peccati, ancora senza pentimento e senza opere buone sei attesa da Dio e sei custodita sulla via della salvezza da me e dagli Angeli. 
3. Oh, quanti sarebbero i convertiti e i fedeli, e sarebbero fatte intorno a loro tali cose, quante credi farebbero per amore di Dio, se fanno cose tanto grandi con l’errore del secolo? Perciò, disse, ora guarda più attentamente, perché in questa cosa a te è dato di più, che se ogni giorno ti donassero ventiquattro montagne d’oro, e tu tuttavia non consideri attentamente tali cose, né le temi. Lei, udendo ciò, e stridendo i denti per il terrore e il timore quasi era divenuta esangue, sia sapendosi più miserabile di tutti quanti i miseri. Poi la Madre di Dio e Regina Benedetta offrì a Benedetta sua serva, il quinto giglio, bellissimo. In esso era scritto così: Ricordati le pene del mondo, inflitte a questo mondo ai peccatori nei tempi passati

Esponendo questo, la benedetta Madre Maria dice: Forse che non sai quanta pena ha avuto Saul, quanta pena Caino, quanta pena il Faraone, Datan e Abiron, e molti altri? Quanti, e come!, sono stati impiccati per un solo furto? Quanti sono stati incendiati, bruciati, e sgozzati per un solo atto di lussuria? Quanti poi sono stati flagellati, incarcerati, condannati, espulsi, e tormentati per un solo peccato, dal principio del mondo? E tu, che hai fatto infiniti mali, e non hai patito nulla per essi. Forse che ti sembra poco? Anzi, nella vita sei stata dotata e conservata con doni di natura e di fortuna, indegna e immeritevole di ogni dono, tu hai guadagnato quanto più di tutti. Quella sentendo ciò, e con la coscienza che le rimordeva, confessando di essere così, immensamente confusa, prostrata ai suoi piedi, con pianti irrefrenabili, umilmente domandava perdono. La Regina della pietà Maria, le offrì il sesto giglio, che conteneva in sé tale scritta: Ricordati delle pene di quelli che vivono adesso ed in futuro in questo mondo dei viventi. Esponendo questo la stessa Maestra di tutte le scienze, Maria nostra Signora, diceva: In verità, figlia Benedetta, numerosi, oggi, di buona vita precipitarono, e tu ti alzi. Molti nel giorno d’oggi, a causa di un solo peccato mortale, moriranno. Un soldato, infatti, mentre dorme e convive con la sua amante, improvvisamente nel sonno morirà, per questo unico peccato. Ed un tale in Inghilterra, per il solo peccato dell’ira sarà decapitato. 
Ed in questa Città di Firenze, tre per un solo peccato saranno bruciati. In questo giorno, numerosi in un solo banchetto, moriranno per il peccato della gola. Anzi, anche alcuni Religiosi che vivono senza osservanza, specialmente a causa del vizio di possedere e insieme con tutto il Convento in Alemannia, saranno bruciati, e insieme con la cittadella vicina, in maggior parte, perché sono partecipi dei peccati di quelli e anche li difendono. E tu, scelleratissima, rimani impunita fino ad ora? Parimenti oggi con esito sicuro alcuni lebbrosi, alcuni feroci, alcuni indemoniati, alcuni malati, alcuni saranno soppressi, alcuni condannati. E tu, peggiore di tutti quelli, non riconosci la Misericordia di Dio che ti chiama? Oh quanti sono, e saranno in questo mondo, quelli che, se avessero l’ispirazione e le occasioni di conversione, che hai tu, con tutte le forze tornerebbero a Dio con la penitenza. 

Guarda dunque queste cose, perché in questa Misericordia a te mostrata, ti è dato di più, che se ti fossero dati cento mondi d’oro. Guarda dunque, e ascolta le cose che dico, e convertiti a Dio con tutto il cuore. Sentendo lei queste parole, e pronunciando voci lamentevoli, mentre confessava i suoi peccati, riempiva così di lacrime tutta la cappella, tanto che si vedevano anche i suoi vestiti bagnati da ogni parte, insieme con la terra. La nostra illustre Signora l’assai benigna Maria, diede alla predetta Benedetta il settimo Giglio. In questo era contenuto un testo di questo modo: Ricordati la dannazione degli uomini precedenti, presenti e futuri. Esponendo questo, la Madre della pietà, dice: Non esiste alcun dannato, che se fosse, dove sei tu, non si pentirebbe enormemente. Ed ancora ci sono e ci saranno numerosi dannati, che se avessero avuto, o avessero la tua grazia, senza dubbio si sarebbero salvati. Oh quanti sono dannati, per un solo peccato mortale, e tu, che hai commesso così grandi misfatti, ancora sei impunita! Oh, quanti furono i giusti fino alla morte, e peccando nella morte, furono e sono dannati! Essendo Dio giusto, fa questo secondo giustizia o lo permette. 

E tu, misera, sei ancora viva! Oh quanti per il solo peccato dell’ignoranza sono dannati, e saranno dannati, e tu che hai commesso così grandi delitti, da sicura malizia ricercata, ancora sei protetta ed impunita? Sai le cose che io dico? Se credi, convertiti, se non credi, di nuovo presta attenzione alle cose dette. Oggi una ragazza di dodici anni, per il solo peccato della lussuria, uccisa con il proprio padre, è dannata per l’eternità. E oggi in Spagna un bambino di otto anni sarà soppresso, e solo per il peccato di lussuria, che egli ha commesso con la sorella; anche se non l’ha compiuto, tuttavia ha incominciato, sarà dannato per l’eternità. E che cosa ancora? Oggi una certa Signora bellissima e molto nobile, che guida una danza corale, davanti a tutti improvvisamente morirà e per il peccato delle danze corali sarà dannata in eterno. Anzi un tale in Lombardia, è considerato da tutti buono e quasi Santo, il quale solo per il peccato di una negligente confessione e di un suo non perfetto esame di coscienza, morirà, e sarà dannato in eterno, benché tuttavia di questo non avesse per niente la coscienza che rimordeva. Tutti quanti dunque temano d’ora in poi di confessarsi grossolanamente e negligentemente come, ahimè!, oggi molti fanno nel maggior modo possibile. 

Oggi anche in questa Città quattro moriranno, e un borghese sarà dannato, a causa di una sola negligenza, perché non aveva ammaestrato i suoi figli, e anche i servi, scrupolosamente seguendo Dio. Anche un certo Curato e Pastore, buono nella sua persona, ma poiché guidò le sue pecorelle troppo negligentemente, e nell’esame della Confessione, non le migliorò, morirà improvvisamente, e sarà dannato. Anche un certo Religioso di un convento, precipitando oggi, essendosi rotto il collo morirà, e sarà dannato, per il fatto che non aveva il saldo proposito di vivere secondo gli statuti, e la Regola del suo Ordine; ad avere questo proposito, almeno nel voto e nell’intenzione sotto pericolo di peccato mortale, qualsiasi Religioso è obbligato. Esiste poi anche un altro Religioso in un altro Monastero, che oggi improvvisamente morirà di peste e sarà dannato, proprio per il fatto singolarissimo, che svolgeva l’Ufficio Divino con trascuratezza e poca voglia. E tu, misera, piena di peccati, che in un’ora hai peccato, più di questi quattro nella loro vita, non avrai timore, né avrai spavento? 

Quando tuttavia oggi proprio in quest’ora, le ostinate tue socie nel lupanare, da alcuni scellerati sono strozzate e sono dannate. Oh, se ora ti capitassero queste cose, che cosa faresti, diresti o penseresti? Guarda dunque, guarda, e pensa, che nell’inferno ci sono molti migliori di te, salvo lo stato, i quali tuttavia mai si salveranno. E tu, colpevole di più di tutti quelli, ancora non sei dannata? Che cosa vuoi sentire di più? Guarda quante cose buone ha fatto a te Dio! Né tuttavia fa agli altri, immensamente migliori di te. Vedi dunque e pensa bene, e osserva le cose che ho detto: perché, se dopo queste cose tu tornerai alla tua infamia, l’ira di Dio, non precipiti sopra di te senza misericordia. Infatti in questo dono, a te è stato dato di più, che se ti fossero stati dati, tanti mondi, di pietre preziose, quante sono le stelle nel Cielo. Così dunque, sentendo queste cose, la sopraddetta poveretta, specialmente conoscendo le morti improvvise di quelle che vivevano con lei, e sé oltremodo colpevole, cominciò a palpitare, davanti alla Vergine gloriosa, si rompono le vene, e il sangue scorre attraverso tutte le vie del corpo, e rimase quasi esanime, per l'angustia del cuore. 
A quella, dopo il grido del popolo presente, Domenico veniente dalla Messa (nella quale egli era stato in quelle tre ore, durante le quali la predetta Benedetta era stata in estasi, pregando per lei molto supplichevolmente), conoscendo tutte quante le cose che erano state dette e fatte, verso la figlia sua, e, prendendola per la mano e segnandola, in virtù del Salterio della Vergine Maria, subito quella quasi morta, restituì all’integra salute; mentre tutto quanto il popolo era attorno e vedeva, e immense lodi al cielo proclamavano. Dopo sette giorni, mentre il molto devoto Padre Domenico celebrava nella Chiesa della Beata Vergine e quella predetta Benedetta era presente, ella vide Domenico nell’aspetto del Crocifisso con tutte le stimmate, e la Corona di spine, che andava all’altare, con l’assistenza della Vergine Maria e di moltissimi Angeli. Ed essendo stata fatta la consacrazione, apparve visibilmente Cristo disteso in Croce, con tutti i segni della Passione e versava su Domenico divinissimo sangue, e lo configurò perfettamente a sé. 
Avvenuto questo, vide dalla parte destra il grandissimo libro, che ella prima aveva visto nel giudizio, diventato candidissimo, ma non ancora scritto. Mentre essa si stupiva grandemente di ciò, udì con una voce chiara il Signore Gesù Cristo che diceva a lei: Figlia Benedetta, hai cancellato il tuo libro con sette gigli, da ogni specie dei sette peccati mortali; guarda che sia riscritto in un altro modo, non come prima, con le pitture infernali nere e orribili, ma con lettere bianche e rosse. Altrimenti, farò vendetta nuovamente di te, e precipiterai. Sentendo lei questo, grandemente atterrita, e temendo molto di giungere alla pena precedente, accostandosi di più, e prostrandosi ai piedi della dolcissima Vergine Maria, domandava misericordia, per non essere colpita dalle tante pene di prima. 

Allora la Regina della misericordia, sollevando il suo mantello, dalle diverse pietre preziose, dal suo collo trasse un Patriloquio bellissimo, dicendo: Questo, o figlia, tu donasti a me, ed io quello, come una collana imperiale, porto sul mio collo. E mio Figlio, che tu vedi pendente sulla croce, similmente al posto della collana Regale, ha la sua corona, posta sul suo collo di meravigliosa bellezza, e valore, che tu desti a noi, e per esse tu hai cancellato il tuo libro della morte con l’aggiunta dei gigli. Ora dunque, o figlia, agisci senza vacillare. Ecco il mio Salterio, nel quale in seguito i peccati tuoi e degli altri cancellerai, a te lo affido. 
E nella prima Cinquantina, che è di cinquanta pietre preziose bianche, e chiare, scriverai nel libro gli articoli dell’Incarnazione di Gesù Cristo, Figlio mio, e di Dio, meditando le mie dignità in ordine al Figlio, secondo tutte le parti del mio corpo, cioè con quanto rispetto il capo verso di lui piegai, con gli orecchi la sua voce ascoltai, con le mani materne e Virginee, le sue tenerissime e bellissime membra toccai, ed i materni servizi spesi, ripartendole per tutte le membra fino ai piedi. A lettere rosse poi scriverai insieme alla seconda Corona, quello che dirai devotamente, alle ore della Passione del Figlio mio: questa Corona è di pietre preziose rosse, meditando certamente qui i cinquanta Misteri della Passione del Figlio mio, e tenendo davanti a te l’Immagine del Crocifisso, e offrendo un’Ave Maria per ogni ferita, meditando pure con questa il dolore di quella parte. Scriverai poi a lettere d’oro insieme alla terza Corona, quello che sarà ad onore dei Santi Sacramenti, e contro i tuoi peccati, e per immagini avrai le immagini della tua Chiesa e della tua patria, meditando da una all’altra, passando spiritualmente, e specialmente questo per la terza Corona, formata di aurei segni. 

Così dunque, o figlia, nel predetto Salterio, devotamente servi me, e il Figlio mio, come hai incominciato, e quante volte offrirai il Salterio a noi, altrettante corone Imperiali, che sono di valore infinito, metterai intorno ai nostri colli con un onore ben degno e Regale. Terminata dunque così miracolosamente la Messa, nella quale la Vergine Maria, prendendo una parte dell’Ostia, e del Sangue di Cristo, comunicò a Domenico a lei molto familiare, in segno della somma e singolarissima amicizia come una Sposa con lo Sposo, e lo aiutò a deporre le vesti della Chiesa, e umilmente salutandola, e consegnando Benedetta (della quale le cose dette prima sono avvenute) con un bellissimo aspetto disparve. E poi codesta Benedetta, liberata del tutto dai demoni e rinsaldata nel buon proposito, rimase fino alla fine, nel servizio del Salterio di Cristo e della Vergine Maria, con ogni santità di devozione, e fervore di penitenza, tanto, che nostra Signora poi alla stessa apparve abbastanza spesso, e rivelò numerosi fatti di Domenico che nessuno degli uomini conosceva, e che furono scritti in parte nella sua Biografia scritta da Fra Tommaso del Tempio, che fu Spagnolo, e compagno del Santo Nostro Padre Domenico. Da questa biografia, e da molte altre biografie sono stati tratti i fatti, che ora sono stati detti su Domenico, e nuovamente sono stati confermati per Rivelazione di Cristo e della Vergine Maria, con grandi segni, e prodigi. 

E di tutte queste cose offro fede, e testimonianza, sotto giuramento di fede della Trinità, sotto pericolo di ogni maledizione, da infliggere a me, nel caso, in cui io sia venuto meno dal retto sentiero della verità. Perciò allontanatevi dalla vostra cattiva strada, e ritornate a Cristo e alla Vergine Maria, Madre nostra, per mezzo del suo divinissimo Salterio. Perché come di nuovo è stato rivelato in questi tempi, da essi, la loro volontà è, che si predichi, che si insegni e che venga recitato da tutti, contro ogni male da debellare, e per ogni bene da raggiungere: e specialmente contro i mali imminenti, su tutto il mondo nel tempo avvenire, se non c’è nei popoli il pentimento. 

Perciò lodatelo tutti, nel Salterio a dieci corde, cioè dicendo quindici Pater noster, e aggiungendo ad ognuno di essi dieci Ave Maria, che sono in numero di centocinquanta: come ci sono nel Salterio di Davide centocinquanta Salmi, in tutti i quali la dolcissima Vergine Maria fu prefigurata. Questo a noi tutti conceda Gesù Cristo, Figlio di Maria e di Dio, Benedetto nei secoli dei secoli. Amen.


Tratto da: Beato Alano della Rupe, Il Salterio di Gesù e di Maria. Genesi, storia e rivelazioni del Santissimo Rosario, pp. 571-589.