Predica
del 4 settembre 2011 di padre Konrad sul Buon Samaritano
In
nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
San
Luca è stato chiamato l'evangelista della Misericordia di Dio, in gran parte a
causa delle Parabole che si trovano nel suo Vangelo come quella del Buon
Samaritano e del Figliol Prodigo. Ora, quando leggiamo la Parabola del Buon
Samaritano nella luce dei Padri della Chiesa, vediamo che questa Parabola parla
della Misericordia di Dio nel contesto di tutta la storia della Salvezza, come
adesso vedremo insieme.
Un
uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico qui
Gerusalemme, che significa "visione di pace" rappresenta,
secondo i Padri, il Paradiso terreno, il Giardino di Eden, e Gerico che
significa "Luna" rappresenta il mondo in cui tutto è mutabile, è
instabile come la Luna stessa, l'uomo rappresenta Adamo e la discesa da
Gerusalemme a Gerico è la caduta di Adamo all'occasione del Peccato Originale,
e incappò nei briganti che lo spogliano e lo feriscono e lo lasciano
tramortito.
Questi
briganti sono, nelle parole di sant'Ambrogio, gli "angeli della notte e
delle tenebre" che dopo il Peccato Originale hanno spogliato Adamo dei
doni sovrannaturali che aveva ricevuti da Dio e l'hanno lasciato nello stato
della natura caduta, dove è difficile conoscere la verità, agire bene, compiere
i nostri doveri, dove è facile essere attratti e sedotti dalle nostre emozioni.
Cosa
succede adesso nella Parabola?
Un
sacerdote lo vede e passa, un levita lo vede e passa. San Giovanni Crisostomo
interpreta il sacerdote come il sacrificio dell'Antico Testamento, il levita
come la Legge dell'Antico Testamento, ne l'uno ne l'altro poteva guarire l'uomo
caduto e dunque, nella storia, tutti e due passano senza fermarsi.
Un
samaritano che percorreva la medesima strada si avvicinò a lui e vedendolo
provò una compassione per lui, questo samaritano è nessun altro che Cristo
stesso, anch'Egli scende da Gerusalemme a Gerico, ossia, dal Paradiso a questo
mondo e porta con se il rimedio di cui l'uomo caduto ha bisogno, che nessuno
prima di Lui nell'Antico Testamento poteva dargli: avvicinandosi gli ha
fasciato le ferite, cosparso olio e vino e mettendolo sul suo cavallo, lo
condusse all'albergo ed ebbe cura di lui.
Questa
frase ci parla del rimedio portato dal Signore: l'olio e il vino sono i
Sacramenti, l'olio simbolizza il Battesimo, la Cresima, il Sacerdozio e
l'Estrema Unzione, il vino simbolizza la Santa Eucaristia, il fasciare
simbolizza i Comandamenti, il cavallo, secondo tutti i Padri, è la sacra
umanità di Nostro Signore + mediante la quale siamo salvati.
Beda
il Venerabile, commenta: "fu conveniente che egli lo pose sul suo cavallo
e lo guidava così, poichè nessuno che non sia unito a Cristo tramite il
Battesimo entrerà nella Chiesa".
L'albergo,
dunque, simbolizza la Chiesa e san Giovanni Crisostomo spiega: "l'albergo
è la Chiesa che accoglie i viaggiatori, che son stanchi del loro viaggio
attraverso il mondo e oppressi dal peso dei loro peccati, dove il viaggiatore
stanco viene sollevato quando depone il peso dei suoi peccati e viene ristorato
con nutrimento salutare, e questo significano le parole "quando ebbe cura
di lui" perchè tutto ciò che è fuori è conflittuale, dannoso e male
mentre, dentro dell'albergo c'è tutta pace e salute".
Quanto
ai due danari questi possono significare i Comandamenti della Carità verso Dio
e verso il prossimo, o la promessa della vita presente e la vita futura, da
altre interpretazioni.
In
breve allora, Nostro Signore Gesù Cristo + ci descrive in questa Parabola tutta
la storia della nostra Salvezza: Adamo ha peccato ed è caduto, e con lui tutta
l'umanità, Iddio alla vista della sua miseria fu commosso dalla Misericordia,
scende dal Cielo e assume la nostra umanità che diviene il mezzo della nostra
salvezza, Ci dona i Comandamenti e i Sacramenti, Ci conduce nella Chiesa che ci
darà il rifugio fin quando Egli tornerà. Tutta la Parabola parla della
Misericordia di Dio e la nostra reazione dovrebbe essere quella della
gratitudine verso Dio e il desiderio di amare Dio e il nostro prossimo come Dio
ci ha amati.
Ma
chi è il mio Prossimo? chiede lo scriba. La parabola ci insegna che il nostro
Prossimo è colui che incontriamo sulla strada della nostra vita e che soffre.
Riflettiamo
un attimo, ognuno di noi, c'è qualcuno a cui sono vicino che ho incontrato e
che soffre, che ha bisogno di me, che ci ha chiesto soccorso che non abbiamo
ancora dato, soccorso fisico, spirituale, consiglio, preghiera, o semplicemente
tempo per ascoltare le sue sofferenze? Questa persona è il nostro Prossimo, non
lo trascuriamo!
C'è
un'altro livello ancor più profondo nella Parabola, perchè la persona
sofferente è Cristo stesso. Stiamo quindi ben attenti ai nostri doveri perchè,
come Nostro Signore ci dice nel Vangelo di san Matteo: "in quanto hai
fatto questo buon atto ad uno dei più piccoli dei miei fratelli, lo hai fatto a
me"
In nomine
Patris, et Filii, et Spiritus Sancti
Sia
lodato Gesù Cristo +