QUICUMQUE VULT SALVUS ESSE, ANTE OMNIA OPUS EST, UT TENEAT CATHOLICAM FIDEM

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mercoledì 15 settembre 2010

Pensieri e coincidenze


Precisiamo fin da subito che questo breve intervento non pretende di avanzare alcuna ipotesi rigorosa, ma solo essere condivisione di una breve riflessione.
Il nostro Santo Padre è un pastore attento e, assieme, un grande teologo: è possibile dunque riscontrare anche al di fuori di elementi prettamente "politici" le ragioni della scelta del 14 Settembre per l'emanazione del Motu proprio?

La Festa dell'Esaltazione della Santa Croce ci evoca immantinente due diversi pensieri:

- l'idea della centralità della Croce, nel mondo, nella Liturgia, in senso lato nella realtà tanto cara alla Verità cattolica: basti pensare al motto certosino "Stat Crux dum volvitur orbis".

- l'idea dell'innalzamento (exaltatio) della Croce "al di sopra" dell'umanità, essendo il Sacrificio della Croce con il quale Cristo ha redento l'umanità indubitabilmente Santo, sovrannaturale e degno di adorazione, avvenuto una volta in modo cruento sulla Croce e sempre in modo incruento sugli altari nella Sante Messe cattoliche (semel et semper) sempre unico e identico, come unica è la fede e unica è la Chiesa.

A latere sottolineiamo come derivazione diretta di queste due idee siano il principio della regalità di Nostro Signore Gesù Cristo e quello della Croce come fine e speranza dell'umanità che anela alla Riconciliazione definitiva con Cristo che, per mezzo della Croce stessa, ci ha redenti: questi due punti sono magnificamente compendiati nel noto Inno "Vexilla Regis" (che questa settimana potete udire in sottofondo) ove dice "Regnavit a ligno Deus" e poi "O Crux, ave spes unica".

Tornando alle idee principali e al senso profondo dell'emanazione del Motu proprio in tale ricorrenza, possiamo notare facilmente che esse idee sono evidentemente, precipuamente e massimamente significate e presenti nel venerabile rito tradizionale:

- centralità: chi potrebbe non notare che il crocifisso al centro dell'altare e in alto è il fulcro della celebrazione e lo sguardo del fedele è continuamente attratto da esso, specialmente quando, proprio sotto lo stesso, al centro dell'altare, si rinnova incruentemente il Sacrificio? E chi metterebbe in dubbio che questo è, senza dubbio, un grande pregio della forma tradizionale rispetto a tante celebrazioni odierne dove vediamo il crocifisso messo da qualche parte in presbiterio totalmente privato della sua posizione preminente, quasi declassato al livello di una qualunque immagine votiva e parallelamente alla perdita del senso della natura sacrificale della Santa Messa nel popolo cattolico?

- innalzamento: è ormai acquisito che una delle conseguenze più gravi degli smarrimenti intervenuti, negli ultimi tempi, nel popolo cattolico è il cosiddetto "antropocentrismo", ovvero il mettere l'uomo al centro e al di sopra di tutto, l'uomo con i suoi gusti, le sue esigenze (in particolare quelle radicate nei più vari e irragionevoli desideri) affidando tutto alla sua "autodeterminazione" rispetto a se stesso e al suo "arbitrio" riguardo al resto, anche alle cose più Sante come la Dottrina e, eccoci al punto, la Liturgia.

Il rito Tradizionale, con la sua verticalità e il suo indiscutibile Teocentrismo, è certamente un antidoto contro tale deriva ed esprime in modo unico la maestà di Dio, rifugge il pressapochismo e la confusione nonché il protagonismo dell'uomo (celebrante o chicchesia, purchè dotato del fatidico microfono) a cui troppo spesso ci capita di assistere al di fuori di tale rito.

Ci permettiamo di notare in conclusione che ieri, Festività dei Sette Dolori della Beata Vergine, che la Liturgia saggiamente accosta alla Festività dell'Esaltazione della Santa Croce, ci è anche stata data occasione di riflettere sul nostro ruolo di fedeli nella Santa Messa.

Noi, che stiamo ai piedi dell'altare nella Santa Messa, occupiamo la posizione della Vergine ai piedi della Croce: è lei che ci viene posta a modello perfetto che ci dobbiamo sforzare di imitare nella contemplazione e nella devozione come ci ricorda la bellissima Sequenza che sotto riportiamo.

Stabat Mater dolorósa

iuxta crucem lacrimósa,

dum pendébat Fílius.


Cuius ánimam geméntem,

contristátam et doléntem

pertransívit gládius.


O quam tristis et afflícta

fuit illa benedícta

Mater Unigéniti !


Quae moerébat et dolébat,

pia mater, cum vidébat

nati poenas íncliti.


Quis est homo, qui non fleret,

Christi Matrem si vidéret

in tanto supplício?


Quis non posset contristári,

piam Matrem contemplári

doléntem cum Filio ?


Pro peccátis suae gentis

vidit Jesum in torméntis

et flagéllis subditum.


Vidit suum dulcem natum

moriéntem desolátum,

dum emísit spíritum.


Eia, mater, fons amóris,

me sentíre vim dolóris

fac, ut tecum lúgeam.


Fac, ut árdeat cor meum

in amándo Christum Deum,

ut sibi compláceam.


Sancta Mater, istud agas,

crucifíxi fige plagas

cordi meo válide.


Tui Nati vulneráti,

tam dignáti pro me pati,

poenas mecum dívide.


Fac me vere tecum flere,

Crucifíxo condolére

donec ego víxero.


Iuxta crucem tecum stare,

te libenter sociáre

in planctu desídero.


Virgo vírginum praeclára,

mihi iam non sis amára,

fac me tecum plángere.


Fac, ut portem Christi mortem,

passiónis fac me sortem

et plagas recólere.


Fac me plagis vulnerári,

cruce hac inebriári

et cruóre Fílii.


Flammis urar ne succénsus,

per te, Virgo, sim defénsus

in die iudícii.


Fac me cruce custodíri

morte Christi praemuníri,

confovéri grátia.


Quando corpus moriétur,

fac, ut ánimae donétur

paradísi glória. Amen



Stava immersa in doglia e in pianto
La pia Madre al Legno accanto
Mentre il Figlio agonizzò.

Di Maria l’anima afflitta,
5Gemebonda, derelitta,
Una spada trapassò.

Come trista ed infelice
Fu la santa Genitrice
De l’unìgeno Figliuol!

10Oh quai gemiti traea
Quando aggiunta in Lui vedea
Pena a pena, e duolo a duol!

Qual crudel mirar potria
Tanta ambascia di Maria
15Senza lagrime e sospir?

Chi potria con fermo ciglio
Contemplar la Madre e il Figlio
A un medesimo martir?

Per gli error di noi rubelli
20Star Gesù sotto i flagelli,
Fra’ tormenti vide star;

Vide il Figlio suo diletto,
Lacerato il molle petto,
L’egro spirito esalar.

25O Maria, fonte d’amore,
Provar fammi il tuo dolore,
Fammi piangere con te.

Fa che accendasi il cor mio,
Ch’arda tutto de l’Uom Dio,
30Tal che pago Ei sia di me.

De le man, del sen, de’ piedi
Tu le piaghe a me concedi,
Tu le stampa in questo cor.

Del tuo Figlio, che il mio bene
35Ricomprò per tante pene,
Fammi parte nel dolor.

Io sia teco, o Madre, afflitto;
Io con Cristo sia trafitto
Sino a l’ultimo mio dì.

40Starmi sempre io con te voglio,
Tuo compagno nel cordoglio,
Presso al tronco ov’Ei morì.

Fra le Vergini o preclara,
Non mostrarti al prego avara,
45Fammi teco lacrimar.

Di Gesù fa mia la sorte,
Fa ch’io senta in me sua morte,
Di sua morte al rimembrar.

Dona a me lo strazio atroce
50M’innamora de la Croce
E del sangue di Gesù.

Come a noi verrà l’Eterno
Giudicante, de l’inferno
Scampo al foco mi sii Tu.

55E tu, Cristo, per mercede
Di Colei che invan non chiede,
Volgi pio lo sguardo a me.

Quando il corpo egro si muoja,
Ne la gloria, ne la gioja
60Venga l’anima con Te.