QUICUMQUE VULT SALVUS ESSE, ANTE OMNIA OPUS EST, UT TENEAT CATHOLICAM FIDEM

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martedì 14 settembre 2010

A TRE ANNI DAL MOTU PROPRIO


Sono passati tre anni da quanto il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto dono alla Chiesa Universale del Motu proprio "Summorum pontificum cura".
Il 14 Settembre 2007 è una data che segna uno spartiacque nell'esperienza di tutti coloro che, in diversi modi, sono interessati da questa Forma, così venerabile, del Romano Rito.
Per alcuni esso significò un agognato traguardo: in particolare per coloro che tanti anni, già dai tempi delle concessioni del Santo Padre Giovanni Paolo II di venerata memoria, hanno seguito il Rito tradizionale spesso additati come "disobbedienti" e in non totale sintonia con la madre Chiesa.
Per altri una svolta di tranquillità: chi coltivava un interesse e lo teneva celato per paura di cadere nei suddetti luoghi comuni si è sentito più tranquillo anche perché, in un modo o nell'altro, l'atto del Santo Padre venne portato alla generale attenzione per alcuni giorni dai giornali. Essi, tutti ricordiamo, pur fornendo un'informazione piena di imprecisioni e di confusioni tra lingua, posizione del celebrante e rito, indegna di molti che, chiamandosi giornalisti "professionisti" dovrebbero documentarsi su quanto scrivono, finirono in un modo o nell'altro per far entrare il motu proprio nei discorsi della gente.
Vi è infine un non piccolo numero, specie di giovani, fra cui si possono umilmente annoverare anche i curatori di questo blog, che proprio dall'atto pontificio hanno tratto la "prima curiosità" verso questo Rito e hanno scoperto un tesoro destinato ad arricchire in modo impensato e a segnare per sempre la propria spiritualità. I modi in cui questo avvenga possono essere discussi: per contribuire alla riflessione abbiamo pubblicato un'omelia del nostro cappellano qualche giorno fa in preparazione alla ricorrenza e ora pubblichiamo (vedi sotto) la Sua postfazione al noto manuale per servire la Santa Messa "INTROIBO AD ALTARE DEI", sempre sulla stessa linea di pensiero, in cui potremmo dire compendiata la stessa omelia.

Non possiamo tuttavia fare a meno di dire, per concludere, che il Motu proprio quale fonte di speranze, a volte a riservato anche delle delusioni per la scarsa prontezza e la diffidenza di alcuni pastori verso il Rito tradizionale, causa di una non pronta ricezione della volontà pontificia che ancora oggi purtroppo causa sofferenza ad alcuni gruppi di fedeli e alla Chiesa tutta.
Tutto ciò fa un impressionante contrasto con la solerzia con la quale il Revendissimo Patriarca di Venezia, il Signor Cardinale Angelo Scola, ha provveduto a offrire al suo gregge la Messa tradizionale, andando poi, con quel mirabile positivo superamento del disegno umano che solo la Divina Provvidenza può operare, ben oltre i confini del Patriarcato stesso, come la eterogenea e arricchente diversità di provenienza dei fedeli.
Non tralasciamo di pregare perché tutti coloro che desiderino partecipare alla Messa tradizionale lo possano fare serenamente e che cessino tutte le incomprensioni che ancora ostano una piena e fruttuosa applicazione del Motu Proprio.

Gregorius


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di Padre Konrad zu Loewenstein, da "Introibo ad Altare Dei",
La Santa messa è il Santo Sacrificio del Calvario reso presente in modo incruento sull'altare. Il sacerdote è lo stesso, Gesù Cristo: in fatti, il celebrante agisce in persona Christi. La vittima è la stessa, ossia Gesù Cristo sotto l'apparenza del pane e del vino, che al momento della consacrazione si trasformano sostanzialmente nel Corpo e nel Sangue della seconda persona della SS. Trinità. Lo stesso Sacerdote, la stessa Vittima, lo stesso Sacrificio. Perciò non c'è ne ci sarà mai niente di più grande ne di più glorioso sulla terra della Santa Messa, nella quale Nostro Signore Gesù Cristo, a cui sia sempre ogni lode, onore e gloria, si immola per la salvezza del mondo.

Ora, il Rito Romano antico Ripresenta questo Sacrificio in modo Sublime, in quanto il celebrante lo offre su un altare elevato - simbolo del calvario - e lo offre al Padre volto l Crocifisso, ch'è lo stesso Dio che ha assunto la nostra povera carne, ed al Tabernacolo che contiene Dio sotto le specie eucaristiche; in quanto canta o recita in una lingua sacra i testi che hanno santificato nazioni e popoli interi per duemila anni; in quanto i numerosi segni di Croce, gl'inchini, le genuflessioni e tutti i gesti rituali esprimono e richiedono il debito raccoglimento, la riverenza, la pietà e la devozione dei presenti, mentre in mezzo a noi la realtà eterna, per la misericordia infinita di Dio, prende forma attualizzandosi. E l'altare, le candele, il santuario, l'ora e il giorno scompaiono, e noi misticamente ci troviamo di nuovo alle tre del pomeriggio sull'altura del Golgota: il sole eclissato, il cielo oscurato, la terra scossa, mentre il prezziosissimo Sangue sgorga dalle ferite adorabili e sacratissime del Salvatore per scorrer giù per il legno della Croce sulle teste di noi miseri peccatori!

Che Iddio ricompensi abbondantemente il Santo padre Benedetto XVI per la liberalizzazione di questo venerando Rito, che è senza dubbio alcuno, il più eletto dei doni ch'Egli avrebbe potuto elargire alla Chiesa.